Nel 2012 le famiglie italiane hanno speso 12 euro al mese per comprare vino, il 2,5% della spesa per alimentari di 468 euro e lo 0,48% della spesa totale mensile di 2.419 euro. Nel Nord si continua a spendere più che al Sud, ma le tendenze sono diverse. Nel Nord-Ovest la spesa sta calando di anno in anno ed è oggi uguale a quella del Nord-Est, poco meno di 14 euro per famiglia, dove invece c’è stata una crescita. Al centro si è stabilizzata al 10% circa sotto i livelli pre-crisi, mentre al Sud e nelle isole sembra essere incominciata una fase di crescita, passando da 8,8 euro nel 2009 a 9,56 nel 2012, cioè il livello pre-crisi del 2007.
Dal lato dei produttori, evidentemente, la forbice tra vino esportato e vino venduto sul mercato domestico, resta tendenzialmente larga con, in media, tra il 70 e l’80% delle etichette destinate all’export. Specialmente per le cantine che producono vini bianchi e bollicine, questa forbice diminuisce almeno del 5%: i consumatori sempre più chiaramente privilegiano vini poco impegnativi e di piacevolezza immediata e, chiaramente, dalla disponibilità di prodotti dal rapporto qualità/prezzo molto equilibrato.

Strategie per il vino: felici in patria prima che aggredire l’estero
Le cantine con più esperienza hanno cominciato “in patria” un lavoro molto puntuale sul marchio, con investimenti mirati e un affinamento dei rapporti commerciali interni, guardando al mercato interno anche come vetrina per gli acquirenti esteri. Anche le aziende che producono grandi vini, soprattutto rossi, hanno ben chiara l’importanza del mercato interno, assolutamente rilevante quando si vogliono aggredire i mercati internazionali, perché questi ultimi sono più reattivi se il mercato domestico garantisce visibilità e diffusione.
La vendemmia 2013 ci racconta di una produzione complessiva tra i 47 e i 48 milioni di ettolitri di vino (dati Assoenologi) e, stando ai dati Istat, l’export assorbe poco più di 20 milioni di ettolitri, il resto, evidentemente, resta entro i confini nazionali. In Italia, la situazione è ancora incerta e i segnali, benché positivi, sono ancora troppo timidi. Ma il mercato italiano in termini numerici resta sempre un mercato fondamentale e se le vendite calassero in modo incontrollato, diventerebbe assai difficile garantirsi un recupero con le pur positive performance oltre confine.