Stiamo parlando molto in questo periodo di vino. E non potrebbe essere altrimenti. Perché è il comparto che sembra reggere meglio d’ogni altro l’impatto della crisi. Perché l’export cresce e abbiamo superato anche i ‘maestri’ francesi, avendo oggi ancor maggiori possibilità di vedere il prodotto nazionale affermarsi sui più ricchi mercati. Perché c’è un Vinitaly che sta celebrando in toni festosi l’accresciuta qualità dell’enologia Made in Italy.
In questo clima, suonano grevi le parole del presidente veneto Luca Zaia, intervenuto all’inaugurazione ufficiale di Vinitaly, a Verone. Parole che intrecciano la politica e l’economia: «Siamo per la macroregione, però siamo anche per una sana competizione all’interno della macroregione. Milano ha tentato di sfilare a Verona la partita di Vinitaly e quella dei cavalli; non pensi di sfilare la partita dell’agroalimentare con l’expo».
È indubbio che la competizione tra le realtà economiche, compresa quella tra gli enti fieristici, si fa sempre più aspra, viste le sempre minori risorse disponibili. Naturale che quella di Milano cerchi di sottrarre alla Fiera di Verona le migliori opportunità per fare affari. Che la minaccia sia concreta lo conferma lo stesso Zaia che arriva a porre in discussione una linea di partito, quella del ‘grande nord’.
Non ci si può illudere che la minaccia sia stata sventata da questo intervento del presidente veneto e un’ombra scura ha ammantato il tessuto della festa veronese. Verona non dorma sugli allori e sulla consapevolezza del buon lavoro fin qui svolto: una fiera non è solo una vetrina, ma è anche un volano di iniziative e commerci. Un motore che deve essere sempre tenuto ‘su di giri’. Per tutto il Veneto, quindi, una sfida che deve essere vinta.