Da bambino, uno zio milanese mi insegnò una parola che ancor oggi ha un suono per me molto evocativo: “schiscetta”. Ebbene, la pandemia ha riportato in auge questo termine che Wikipedia definisce “termine dialettale riferito originariamente al contenitore per il trasporto e il consumo di vivande”. A decretarne l’attuale successo è stata la constatazione contenuta nel primo Rapporto sugli usi alimentari nel post-Covid redatto da Coldiretti/Censis secondo la quale: “Il 57% degli italiani continua a portarsi il pranzo da casa per consumarlo sul posto di lavoro a distanza di sicurezza dai colleghi”. Magari è solo un panino, un frutto o uno yogurt, ma per analogia, sempre “schiscetta” è!

L’annotazione però non è solo linguistica: la pandemia ha alterato non solo superficialmente il rapporto tra gli italiani ed il cibo e alcuni atteggiamenti sembrano destinati a rimanere nello stile di vita nazionale. Prima indicazione che appare molto positiva è quella relativa alla nuova attenzione dedicata al contenimento dello spreco alimentare: sempre secondo il rapporto presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato a Roma dalla Coldiretti, con la collaborazione dello studio The European House – Ambrosetti, il 94% degli italiani dichiara di evitare di buttare nella spazzatura gli alimenti che acquista, magari riciclando gli avanzi della sera prima per portarseli al lavoro il giorno dopo come pranzo.

Il dopo pandemia conserva ancora il trend di crescita dei servizi di consegna a domicilio del cibo: a mettere ‘benzina’ nella gambe degli addetti alle consegne è da un lato la ‘scoperta’ della comodità e dell’affidabilità del servizio; dall’altro una certa ritrosia, soprattutto tra le classi d’età meno giovani, di andare al ristorante per evitare ogni sorta di ‘assembramento’ o rischio di contagio. Quasi parallelamente al crescere del food delivery, calano gli acquisti di uova e farina: in altri termini si autoproducono meno cibi in casa dopo aver sperimentato quanto sia comodo “digitale e domiciliare”.

I prodotti confezionati, che in piena pandemia avevano fatto segnare un forte incremento, stanno lasciando il posto ai prodotti freschi, dal pesce all’ortofrutta: il tutto però sempre facendo bene i conti, perché il fattore prezzo continua ad essere l’elemento che più frequentemente viene valutato per gli acquisti in questi difficili momenti per il Paese.

Poi però alle porte bussa il Natale: periodo molto atteso dai commercianti per accrescere le vendite, anche nel settore alimentare. Ma come saranno le festività 2021 è un pronostico che la pandemia non ci concede ancora…..

Mario Ongaro