Il Consorzio ha visto ridursi ad un terzo le truffe rispetto al 2018 grazie alle denunce legali .

Dal Chianti in polvere a quello al mirtillo rosso: sono oltre 15.600, di cui 10.700 rimosse, tra violazioni del marchio, contraffazione dei vini o delle etichette, le ‘minacce’ ai danni della denominazione toscana scoperte su internet dall’inizio dell’anno. Da due anni il Consorzio Vino Chianti si è affidato ad un’agenzia specializzata, la “Griffeshield”, veri ‘cacciatori’ per scovare frodi, truffe e contraffazioni on line.
La forma principale di frode è rappresentata dai cosiddetti wine kit, ovvero preparati chimici in polvere per fare il vino in casa al costo di un euro a bottiglia: ne sono state individuate e rimosse 6mila. Seguono oltre 3mila casi di concorrenza sleale, ovvero Chianti falso spacciato per vero, e poco meno di 2mila violazioni del marchio commesse attraverso la commercializzazione di etichette contraffatte. La principale piazza di frode sono siti web dedicati, seguiti dai principali marketplaces.
I risultati dell’attività sono positivi, spiega il consorzio, perché le minacce sono in deciso calo rispetto al 2018. La piazza peggiore sono gli Stati Uniti, perché da qui provengono i frodatori più difficili da ‘disinnescare’. Segue il Regno Unito, mercato principale dei wine kit, mentre il tasso di successo è del 100% in Cina, dove tutte le operazioni di invito all’interruzione dei comportamenti scorretti vanno a buon fine.

Giovanni Busi presidente Consorzio
Vino Chianti

Nel 2019, le violazioni individuate sono state un terzo rispetto all’anno precedente. Un netto calo, segno che il lavoro funziona.
Ma è un dato che non ci permette di rilassarci: il lavoro di tutela del nostro brand e delle nostre aziende deve continuare in modo serrato e determinato perché i danni che queste truffe provocano sono milionari. È uno sforzo enorme che ci permette di eliminare la stragrande maggioranza delle violazioni e frodi che danneggiano il marchio Chianti nel mondo.
Queste azioni hanno lo scopo di aumentare la pressione e quindi il rischio di incorrere in cause legali, educando la rete di vendita online a rispettare il marchio Chianti e soprattutto i diritti dei produttori dell’autentico vino Chianti.