Il 40% degli stilisti vive a New York, ma la produzione è nei Paesi a basso costo di manodopera .

Secondo quanto dichiarato dal “Joint economic committee democratic bureau of labor”, attualmente negli Stati Uniti ci sono circa 1,8 milioni di addetti al lavoro in attività legate alla moda, di cui 232 mila nella produzione di tessuti per abbigliamento e calzature. New York City rimane il centro dell’industria fashion americana, che include 183 mila persone, circa il 6% della forza lavoro della città. Sembrerebbe un grande numero, ma se si considerano le dimensioni del marcato statunitense si comprende come la politica del Presidente Usa Donald Trump che punta tutto sul principio del rafforzamento della produzione nazionale sia ben lontana dall’aver concreta attuazione nel mondo del fashion.
In effetti, sebbene molti marchi di moda americani abbiano riscontrato un miglioramento nel settore, dato da controlli qualità e condizioni di lavoro qualitativamente più alti, la maggior parte continua a produrre le proprie merci all’estero, dove i costi di produzione sono sostanzialmente più economici. Accade così che una grande fetta dell’occupazione del settore riguardi il commercio al dettaglio, mentre non più di 135.000 posti di lavoro a livello nazionale fanno capo alla produzione di abbigliamento.

Tutto ruota
attorno alla
Grande Mela

Circa 7 mila stilisti lavorano a New York, ossia il 40% di tutti coloro che operano negli Stati Uniti e qui si incontra anche la maggior parte dei 5.000 modelli più o meno stabilmente occupati nella moda. Per incoraggare i designer americani ad aumentare la loro produzione localmente, il “Nycedc-New York City economic development corporation” e il “Cfda-Council of fashion designers of America” hanno deciso di investire 14 milioni di dollari nell’espansone della “Fmi-Fashion manufacturing initiative”, l’iniziativa che include un programma di sovvenzioni chiamato “Local production fund”.