Il veto italiano rompe l’unanimità del Consiglio dei Ministri dei 27 per l’agricoltura e la pesca

Ora, anche sulla pesca l’Italia si allontana dall’Europa ed è l’unico Paese a votare contro il piano d’azione Ue sulla pesca sostenibile. I Ministri riuniti in Lussemburgo per il Consiglio “Agrifish” hanno preso atto del giro di vite presentato a febbraio dalla Commissione europea a tutela degli ecosistemi marini e dei fondali. Ma solo il voto italiano ha fatto mancare l’unanimità necessaria perché il documento venisse classificato come “Conclusioni del Consiglio” relegando a meno imperativo “Conclusioni della presidenza”.
Il documento contiene comunque uno stop di massima alla pesca a strascico entro il 2030 nelle aree marine protette e una stretta su impiego e tassazione dei carburanti fossili nelle imbarcazioni: sono questi gli aspetti che non piacciono alle marinerie di tutta Italia,  con una protesta che è particolarmente forte nel Nordest, operante nell’alto Adriatico dove è molto attiva la pesca a strascico. 

In Italia, secondo i calcoli delle organizzazioni del comparto, la pesca a strascico rappresenta il 20% della flotta e il 50% dei ricavi del comparto ittico. «L’Italia – dichiara il Ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida – chiede che vengano valutate, tra le altre cose, le ripercussioni socio-economiche e occupazionali delle misure, che venga incentivato l’utilizzo di motori termici con emissioni ridotte, e che siano verificate le aree precluse alla pesca a strascico».

Già nei giorni precedenti Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale dell’Unci AgroAlimentare, aveva anticipato la linea: «L’unico obiettivo di Bruxelles è dare risposte estremistiche e persino non scientificamente fondate, per soddisfare una parte dell’opinione pubblica, che chiede interventi a favore della sostenibilità ambientale, senza alcuna attenzione per il contesto sociale e lavorativo. Vietare progressivamente le tecniche di pesca con attrezzi mobili di fondo in tutte le aree e le zone marine sottoposte a tutela entro il 2030 e aumentare la percentuale di zone protette almeno al 20% delle acque marine nazionali, come impone l’Ue, significa condannare definitivamente il segmento dello strascico italiano».

28 giugno 2023