Formaggi, salumi, olio e vino sono le vittime della contraffazione proprio nei Paesi più ricchi .

Sale a 120 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo, anche sulla spinta della guerra della Russia all’Ucraina che frena gli scambi commerciali, favorisce il protezionismo e moltiplica la diffusione di alimenti contraffatti.
È l’allarme lanciato da Coldiretti in occasione della Settimana dell’Anticontraffazione del Ministero dello sviluppo economico. La stima è che che nel mondo oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre siano falsi senza alcun legame produttivo e occupazionale con il nostro Paese.
In testa alla classifica dei prodotti più contraffatti, secondo Coldiretti, ci sono i formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano. In questo elenco non mancano i vini, dal Chianti al Prosecco che non è solo la Dop al primo posto per valore alla produzione, ma anche la più imitata.

Tra i maggiori contraffattori del Made in Italy ci sono paradossalmente i Paesi ricchi, a partire dagli Stati Uniti dove si stima che il valore dell’italian sounding abbia raggiunto i 40 miliardi di euro. Basti pensare che il 90% dei formaggi di tipo italiano in Usa sono prodotti in Wisconsin, California e New York.
«Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale – ha affermato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandinisi tratta di una priorità per la nuova legislatura. Ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro in Italia».