Avevamo scritto recentemente del buon andamento dell’export dei vini italiani nei mesi di genneio e febbraio. Invece il dato di marzo frena per le cantine italiane l’ottimismo che aveva accompagnato l’avvio del 2013: il bilancio del trimestre, infatti, dice di un -2% per l’export in volume e di un positivo +10% in valore. Un quadro simile a quello del 2012, quindi, che conferma il buon andamento del fatturato a fronte della riduzione dei volumi inviati oltre frontiera. È quanto spiega una nota Ismea che analizza l’andamento del primo trimestre del settore vitivinicolo.
I dati sono omogenei nei differenti segmenti, con lo sfuso che per effetto dell’impennata dei listini alla produzione, mette a segno un incremento del 27% degli introiti, subendo una flessione del 4% in termini quantitativi. Dinamica analoga, ma meno marcata, ha contraddistinto anche le esportazioni di vini fermi confezionati (-2% in quantità, +7% in valore), mentre si conferma una performance deludente dei vini frizzanti (-10% gli ettolitri, -3% i corrispettivi monetari). Da evidenziare il balzo in avanti degli spumanti (+13% i volumi, +20% il fatturato), trainati soprattutto dall’Asti e dalle altre produzioni Dop.
Tra le diverse destinazioni dell’export di vino tricolore, si delineano dinamiche molto differenziate nei principali Paesi clienti. Al deciso successo ottenuto nei due principali mercati di destinazione (Stati Uniti e Germania) e al buon andamento complessivo registrato nei Paesi della Penisola Scandinava (Finlandia esclusa), si affianca la perdita netta in volume sia nel Regno Unito che in Svizzera.

L’export dei vini italiani: chi lo vuole sfuso, chi in bottiglia
La nota Ismea che analizza l’andamento del primo trimestre del settore vitivinicolo presenta una analisi dettagliata dalla quale emergono anche situazioni particolari. Da segnalare in Germania, una ripresa considerevole delle richieste di sfuso (+21%), con un aumento di oltre il 50% degli introiti, dopo le importanti riduzioni del 2012. In calo invece, sempre nel mercato tedesco la domanda di spumanti italiani, con flessioni che hanno coinvolto tutti i prodotti.
Negli Stati Uniti, di contro, è cresciuta del 15% (sia in volume che in valore) la richiesta di confezionati, a fronte del crollo della domanda di vino sfuso che, comunque, rappresenta una parte non particolarmente importante del paniere. Male sul fronte dei volumi anche nei due principali mercati dell’Estremo oriente (Giappone e Cina) ed in Russia, anche se gli introiti continuano a mostrarsi in crescita. La battuta d’arresto nel gigante asiatico sembra legata ad una momentanea saturazione degli stock in mano agli importatori, mentre in Russia a penalizzare il vino tricolore è l’ormai noto problema dell’aumento dei dazi doganali.
Segnali negativi, sempre in termini quantitativi, si rilevano, infine, in quasi tutti i Paesi dell’Est Europa.