Nell’ambito dei progetti del CNRxEXPO, sono state presentate le nuove tecnologie per la tracciabilità della filiera vite/vino, basate sulla biologia molecolare e su piattaforme sensoristiche multiparametriche. Il concetto è semplice: grazie all’analisi del DNA si può sapere davvero da dove vengono le uve e se ci sono aggiunte non previste dal disciplinare dei vini.

«Abbiamo presentato dei prototipi – spiega Francesco Carimi del CNR – in grado di fare analisi a bassi costi e in tempi ridotti, in luoghi diversi dai soliti laboratori, con apparecchiature portatili che possono essere utilizzate anche da non addetti ai lavori». Bastano circa 15 minuti e poche decine di euro per uno screening accurato: «È una tecnologia – conferma Guido Spoto, di Bionat Italia –  assolutamente alla portata di tutti e in particolare delle aziende e delle cantine che vogliono realizzare in casa questi test. Ci sono delle situazioni quanto meno anomale, per esempio nel caso del Nero d’Avola. Se facciamo un calcolo rispetto alle bottiglie vendute, dovremmo avere delle superfici almeno tre volte quelle ufficialmente dichiarate a Nero d’Avola». E proprio cinque aziende siciliane hanno già aderito al progetto per tutelarsi e dare al consumatore un prodotto di qualità. Chiosa il produttore di vini Giuseppe Benanti: «Il vantaggio è enorme, bisogna credere in se stessi e in quello che si fa».