Una delle ultime notizie che arriva dal mondo economico italiano è quella di Confindustria secondo la quale, se davvero il prezzo del gas resterà ai valori attuali, nel 2023 non ci sarà recessione nel nostro Paese. Ed è notizia che, naturalmente, non può che far piacere. Quasi una chiosa alla ‘stagione dei record’ che l’inizio d’anno ci ha portato. L’abbiamo doverosamente sottolineato in queste pagine: record nell’export del vino, nella produzione fashion, nelle esportazioni agroalimentari….
È l’immagine di un Paese che si è lasciato alle spalle il Covid e che ha ripreso ad essere protagonista sui mercati: questa la narrazione che si è affermata sui media e sulla stampa nazionale e locale soppiantando parole come ‘inflazione’, espressioni come ‘arrivare a fine mese’, minacce come ‘pagare le bollette’.

Il controcanto viene da uno studio realizzato da Nomisma su commissione di Cia – Agricoiltori Italiani e pubblicato con il titolo “Le nuove sfide per l’agricoltura italiana” dal quale emerge che c’è (anche) un’Italia che è più fragile e più preoccupata per il futuro di quanto non lo sia la media dei Paesi Ue. La statistica dice che il 51% dei cittadini italiani è in difficoltà economiche, contro una media del resto d’Europa del 45%. Il 98% degli italiani è preoccupato per la crescita dei prezzi alimentari. L’84% dei consumatori ha modificato la spesa alimentare, con lo stop al superfluo per il 46% e la rinuncia ai beni voluttuari e di maggior costo: carni rosse tagliate (-14%), pesce (-9%), salumi (-8%) e vino (-6%).

La ricerca Nomisma rigira il coltello nella piaga quando sottolinea il gap cronico di servizi e infrastrutture tra le grandi città e la realtà dei centri urbani nelle aree interne, dove sale al 28% il rischio di esclusione sociale per i giovani. L’Italia si distingue per un ampio digital divide per le difficoltà che registra soprattutto in termini di capitale umano e servizi pubblici digitali. Ad esempio, sulla connettività le aree rurali garantiscono l’accesso a internet tramite cellulare solo al 74% della popolazione, contro l’81% delle grandi città. Per quanto concerne le infrastrutture di trasporto, è ancora grande disomogeneità che rende alcune parti del Paese vicine agli standard Ue e altre profondamente penalizzate.

Quando il Governo e la politica tutta sbandierano slogan quali ‘nessuno resterà indietro’, non si può che concordare, ma con la consapevolezza che questo obiettivo è ben lontano. Il Covid ci ha lasciato in eredità una forbice che si sta allargando sempre più sia tra le fasce sociali, sia tra le aree geografiche. Il vero record da perseguire dovrebbe fermare il dilatarsi di queste distanze dando una spinta decisiva verso una nuova fiducia degli italiani per il 2023.