La risposta non è il protezionismo: il forum internazionale dell’economia di Davos ha, in un qualche modo, cercato di affermare questo principio per il benessere dell’economia mondiale. L’intervento apprezzatissimo del premier indiano Narendra Modi, e quelli di Angela Merkel e Emmanuel Macron, ma soprattutto la maggior cautela che ha frenato il solitamente spavaldo Donald Trump hanno tenuto aperta una (inevitabile) strada del dialogo. L’isolazionismo non paga e il commercio non può che essere ‘globale’ sulla base di accordi internazionali che liberalizzino gli scambi.
Le fughe in avanti non fanno bene a nessuno e ben venga allora la iniziativa della Commissione europea che ha deciso di avviare, in realtà con quasi quattro anni di ritardo, una consultazione pubblica sulle modalità di indicazione dell’origine in etichetta dei prodotti alimentari. Chi, segnatamente Coldiretti, ha sollecitato le iniziative del Governo italiano per l’origine in etichetta del latte, della pasta, del riso, del pomodoro ora si assegna il merito di questa decisione della Commissione e non si accorge che la consultazione pubblica europea non potrà che portare ad una revisione, anche radicale, del sistema italiano. La tutela dell’italianità dei prodotti non potrà che confrontarsi con il più ampio sistema europeo e non è detto che necessariamente ne debba uscire vincitrice.
Parimenti chi ha lanciato l’allarme contro le indicazioni ‘a semaforo’ in etichetta perché considerate ‘antimediterranee’ dovrà fare i conti con i sistemi che già sono diffusi: Inghilterra, Francia, grandi multinazionali procedono si di una strada che i consumatori non hanno sconfessato. Isolarsi da una realtà che stà diffondendosi non è più pensabile. Dialogare, cercare un equilibrio che non danneggi nessuno, innovare per tutelare tutti: essere europei non è una scelta, ma la migliore strada percorribile.