Se l’inflazione è la spina nel fianco dei consumatori italiani, è anche la leva grazie alla quale l’agroalimentare nazionale può festeggiare. Da una parte ci sono gli italiani che fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese e che per le spese alimentari hanno adottato strategie che prevedono il peregrinare da un supermercato all’altro in cerca della miglior offerta, pellegrinaggio che sempre più spesso si conclude in un discount. Dall’altra parte c’è la filiera rappresentata dagli agricoltori, grossisti, distributori ed esportatori del ricercato agroalimentare Made in Italy che vanta per il 2022 un ‘record storico’. Grazie all’inflazione.

Perché il record è misurato in euro, non in chili. E proprio qui entra la leva inflattiva che pesa in Italia ma anche, e talvolta anche più, nel resto dei Paesi che amano il cibo italiano. Così, l’export agroalimentare italiano passerà dai 52 miliardi del 2021 ai 60 miliardi del 2022, ma la quantità di prodotti Made in Italy venduta all’estero è pressoché sempre la stessa da cinque anni a questa partre. Certo, la filiera ha ben operato per far crescere l’immagine di valore dei nostri prodotti e una parte dell’aumento che ci viene pagato all’estero è dovuto all’accresciuta ‘qualità percepita’ sulle tavole dei cinque continenti. Ma la fetta più grossa del ‘record storico’ è legato all’inflazione.

A dimostrare questo stato di cose sono i dati del Centro studi Divulga relativi ai primi dieci mesi del 2022. Gli ortaggi sono il prodotto agroalimentare italiano più esportato per volumi: nei soli primi dieci mesi dell’anno scorso ne sono stati venduti all’estero per oltre 3,3 milioni di tonnellate, cioè un quantitativo analogo a quello degli anni precedenti (tanto che gli ortaggi non figurano nella classifica ideale dei prodotti che hanno fatto registrare una crescita dell’export). Eppure è aumentato a 4,35 miliardi di euro il valore incassato collocando l’orticoltuta immediatamente dietro al fatturato del vino che supera 6,5 miliardi di incassi tra gennaio e ottobre (ma che parimenti non è tra i prodotti che hanno aumento i propri volumi esportati).

Ci sono altri esempi che confermano queste osservazioni oggettive: il latte italiano è venduto all’estero per 800mila tonnellate nei primi dieci mesi del 2022, con un aumento del +4,7% che ha fruttato un incasso balzato in alto del +31%. Altrettanto l’olio d’oliva: il suo aumento in volumi è stato del +5,6%, quello in valore del +22%. Per i formaggi, il volume cresce del +6,9%, il valore del +18,6%.

Come le monete con cui vengo pagati, anche i record quindi possono avere due facce e spesso sarebbe bene non vantare oltremisura successi che sono espressione della gravità di una situazione di crisi internazionale che tutti, invece, speriamo di poter vedere risolta al più presto.