C’è ben poco accordo tra USA e Cina nella guerra dei dazi, anche se in vista delle “presidenziali” di novembre Trump spande ampio ottimismo. E qualche elemento positivo sembra trapela ad alimentare le nostre speranze. Primo fra tutti: è stata messa nero su bianco l’intenzione di rafforzare la sinergia finalizzata a contrastare la piaga dei prodotti contraffatti che interessa pressoché qualsiasi store online.
Ci sarebbe insomma negli ultimi documenti sottoscritti la volontà di
tutelare gli interessi delle aziende che investono in ricerca e sviluppo evitando che altri possano sfruttarne i benefici in modo non autorizzato. Così la Cina si è dichiarata disposta a revocare la licenza concessa a un negozio online ritenuto responsabile di violazioni ripetute, mentre gli Stati Uniti si impegnano a studiare nuovi metodi e sistemi in grado di far leva sull’innovazione per contenere il fenomeno, magari passando agli algoritmi di intelligenza artificiale.
Scelta civile ed ideologica? Ovviamente no! Esclusivamente commerciale, legata all’impossibilità di reggere, da una parte e dell’altra, alle guerre su di un mercato sempre più globalizzato. Pensiamo alla tecnologia: l’intera Usa-Cina per prima cosa ha sancito che i produttori hi-tech americani che si riforniscono di componenti o assemblano i dispositivi in Cina non si troveranno più di fronte i nuovi dazi fissati al 15% per le importazioni dal paese asiatico. Una tassa che potrebbe essere definita “tassa Apple” visto che avrebbe causato alla casa di Cupertino un incremento pari a circa 150 dollari per ogni iPhone e rincari per l’orologio Watch, gli auricolari AirPods, i computer della linea iMac e lo smart speaker HomePod. Tutti prodotti in Cina e da lì importati per essere marchiati ‘Made in Usa’.
In cambio: sarà rivisto tutto l’ostracismo a Huawei: l’azienda di Shenzhen è una delle più importanti del paese asiatico in termini di fatturato e influenza, leader nella fornitura di apparecchiature per l’allestimento dei network mobile, inclusi quelli di nuova generazione del 5G. Il colosso cinese acquista componenti negli Usa e già sono oltre 130 le richieste di aziende americane per ottenere da Washington la licenza di esportare tecnologia verso la Cina, società che negli ultimi mesi si sono viste costrette a fare i conti con la perdita forzata di un cliente importante come Huawei.
Insomma: come nelle guerre guerreggiate di un tempo, anche in quelle commerciali non c’è mai nessuno che vince e tutti hanno qualcosa da perdere.