Quella del caporalato è una piaga che ad ogni estate torna a mostrare il suo volto più brutale nelle campagne estive. Ancora una volta una morte, per l’inumano sfruttamento dei lavoratori nella raccolta di pomodori in Puglia, ha portato all’attenzione delle prime pagine questa pratica. Ed il Ministro Martina ha promesso un violento inasprimento delle pene che, finalmente, non colpiranno solo i ‘caporali’. A rischiare la galera, saranno anche i proprietari dei terreni che, allo sfruttamento del lavoro sottopagato, si affidano per incrementare illecitamente i propri guadagni.

Nel Veneto è tempo di vendemmia e sono quindi le settimane che richiamano a migliaia i lavoratori temporanei lungo le vigne. Un recente servizio, pubblicato sul Gazzettino di Treviso, dice che ci sono almeno 3.000 temporanei nella raccolta della glera, l’uva di quell’eccezionale successo mondiale che è il Prosecco.

È confortante che l’inchiesta condotta dal quotidiano veneto escluda la presenza di caporali sulla via delle bollicine doc. Al massimo la preoccupazione è che il lavoro ‘interinale’ sia somministrato, alle aziende agricole del trevigiano, da agenzie dell’est Europa. Agenzie che applicano ai propri lavoratori compensi inferiori a quelli che sono praticati nel nostro Paese. Per il Prosecco il fenomeno è solo marginale: per ora tra le vigne si sente parlare quasi esclusivamente l’italiano, anzi in gran prevalenza il dialetto. Ma ricordiamo che lo stesso presidente regionale Luca Zaia, già prima della scorsa estate, quando le frontiere del lavoro erano state aperte ad est, aveva chiesto al Governo di limitare il numero dei lavoratori stagionali nel comparto turistico.

Il problema non è la provenienza dei lavoratori, bensì il rispetto dei compensi minimi che le imprese devono riconoscere in Italia: il rispetto di questa clausola è una garanzia anche per la leale concorrenza, negli alberghi, come per il vino.