Secondo la ricerca Nomisma condotta nel 2018 su 1.000 acquirenti della grande distribuzione chi ha acquistato prodotti per la bellezza e l’igiene personale ha prestato maggiore attenzione nell’acquisto per il 32% alle certificazioni (assenza di nichel, senza parabeni, ipoallergenico, dermatologicamente testato, ecc.), il 26% sceglie in base al metodo di produzione del cosmetico (non testato sugli animali, cruelty free, ecc.), il 25% guarda il luogo di produzione (marchio CE), il 24% analizza l’etichetta per vedere la lista degli ingredienti, e il 23% è attento alla naturalità del prodotto (ingredienti di origine vegetale o provenienti da fonti rinnovabili).
Sembra invece che nel settore della bellezza, solamente il 20% degli intervistati abbia acquistato prodotti a marca del distributore, contro il 67% che hanno comprato marche industriali. Il dato è rilevante se si pensa che per alcune tipologie alimentari, come la carne, le percentuali sono invertite e predominano gli acquisti dei prodotti con il marchio del supermercato, detto in generale private label. Dalla ricerca Nomisma risulta quindi che ci sia molto spazio per la costruzione di nuove etichette commerciali di cosmetica.

In generale l’Italia ha una percentuale di etichette del distributore molto bassa rispetto all’Europa

Va detto che in generale la quantità di private label in Italia è molto più bassa rispetto ad altri Paesi europei. Nella classifica delle Nazioni per fiducia nelle etichette private, in testa si trova la Svizzera dove il 42,4% delle vendite a valore nel 2017 sono state effettuate con marchi dell’insegna. Segue in classifica il Regno Unito, dove le private label hanno una quota di mercato pari al 40% nel 2017, e in terza posizione si trova la Spagna con il 40,8% di marchi della distribuzione. L’Italia invece è 18ima nel ranking con solo il 18,9% di own brand.