«La revisione della ‘direttiva sui prodotti del tabacco’ prevede molte proposte e ci sono alcuni aspetti che possono incidere molto negativamente sulla nostra filiera del tabacco, già messa in crisi dalla riforma della Pac e dal difficile momento economico, e addirittura favorire il commercio illegale». Questo il parere di Denis Pantini, responsabile Area di Ricerca Agricoltura e Industria alimentare di Nomisma, che fa il punto con Labitalia sullo stato della filiera del tabacco, alla luce dei dati diffusi proprio da Nomisma. Dalla revisione della direttiva, dice il Rapporto Nomisma, “derivano importanti incognite sul futuro della filiera del tabacco”. «Intanto – spiega Pantini – l’imposizione di un pacchetto ‘neutro’, senza marchio, e l’imposizione di immagini dissuasive possono incidere su un aumento del commercio illegale, per più motivi. Il primo è la maggiore facilità di contraffazione e il secondo è l’affezione del consumatore verso il brand preferito che può spingerlo verso il mercato illegale».
A risentire negativamente di questa misura sarebbero anche le rivendite. “I tabaccai attualmente hanno dei loro ricavi dal brand. Abbassando questi ricavi andrebbero in crisi molte tabaccherie, soprattutto quelle marginali”, avverte.
«Le difficoltà della filiera del tabacco in Italia – evidenzia Pantini – si sono accentuate per varie cause che interessano le fasi della filiera stessa. Per quanto riguarda la coltivazione del tabacco, questa è diminuita soprattutto a causa delle modifiche intervenute negli aiuti della Pac dopo il 2010. Quella del tabacco è una coltura ‘labour intensive’, richiede molta manodopera e molte piccole aziende, soprattutto al Sud, sopravvivono grazie all’aiuto europeo».
Poi c’è stata la scure della crisi. «È stata di fatto smentita la teoria che la ‘domanda di fumo è rigida, non elastica’ – conclude Pantini – e si è riaperto il fronte del commercio illegale, questa volta però con un duplice risvolto: non solo contrabbando, ma anche contraffazione».