Hanno sfondato quota quattro milioni i poveri che nel 2013 in Italia sono stati costretti a chiedere aiuto per procurarsi il cibo da mangiare. 4.068.250 è un numero che fa davvero impressione e che, stando ai dati Istat riportati da Coldiretti, si fa ancor più allarmante al sud dove si contano ben 1.542.175 indigenti, in aumento del 65 per cento negli ultimi 3 anni, e nelle isole con ben 660.152 persone che hanno richiesto un aiuto alimentare nella sola Sicilia.
Nell’Italia centrale il numero dei beneficiari di aiuti alimentari sale nel Lazio dai 326.938 del 2010 ai 423.233 assistiti nel 2013 e la situazione non è rosea nemmeno al Nord dove il numero degli indigenti tra il 2010 ed il 2013 passa da 797.939 a 1.056.855 (+32 per cento). Per l’intero nord Italia, superare il milione di indigenti è certamente uno choc psicologico, ma deve essere guardato tenedo conto che la Campania da sola ha quasi lo stesso numero di indigenti: 913.213!
Di fronte a questa emergenza, è difficile fare molte considerazioni. Perché se questi sono i numeri della parte emersa dell’iceberg, quella sommersa è assai più estesa è tocca una percentuale altrettanto preoccupante di famiglie che hanno visto una consistente riduzione del reddito disponibile per gli acquisti alimentari. In queste condizioni diventa difficile anche parlare di acquisti di qualità, di sostegno delle produzioni certificate e di tutela dello stesso Made in Italy alimentare sul territorio nazionale. I prodotti ‘fasulli’ sono per molte famiglie italiane una strada quasi obbligata nel momento di fare la spesa.
Ridurre il peso fiscale sulle famiglie, ridare potere d’acquisto ai salari, creare nuove opportunità di occupazione: parole d’ordine che sentiamo ripetere sempre più spesso e che sono ormai il filo lungo il quale sta camminando il Paese. Perché senza un aumento nei consumi interni, non potranno mai bastare le solo esportazioni a sostenere l’economia nazionale e l’alta qualità della produzione agroalimentare italiana