I dati di crescita del terzo trimestre garantiscono al Made in Italy di tornare al pre-pandemia .

La moda italiana chiude il terzo trimestre del 2022 in positivo. A rendere noto l’andamento del comparto (comprensivo dei settori collegati tessile, pelle, pelletteria, abbigliamento, calzature, gioielli, bigiotteria, cosmesi, occhiali) è stato il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Carlo Capasa.
I dati rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso dicono di una crescita del +19%, in particolare modo con il mese di settembre che ha visto un aumento del +21,3% rispetto al 2021. I risultati del terzo trimestre portano a rivedere verso l’alto i preconsuntivi per l’intero anno 2022 che, anche nell’ipotesi più prudenziale di crescita zero nel quarto trimestre, stimerebbero il fatturato del 2022 a 96,6 miliardi di euro con un +16% rispetto al 2021 e +11% rispetto al livello pre-pandemia del 2019.
Il manager ha spiegato che in parte la dinamica del fatturato è sostenuta dall’inflazione, con i prezzi industriali nella filiera della moda che sono cresciuti nei primi 10 mesi del +9,2%, ma che solo parzialmente sono ricaduti sui prezzi al consumo, visto che questi sono aumentati solo del +3% (contro una media dell’inflazione al consumo del +11,8%, trascinata da generi alimentari e bollette energetiche).
L’export della moda italiana nei primi nove mesi del 2022 è cresciuto del +18,7% e Cnmi prevedere per fine anno una quota export al +19%. Nella filiera abbigliamento, pelle e calzature le vendite nell’area UE hanno visto tutti i dati in crescita: verso la Francia sono aumentate del +23,8%, verso la Spagna del +21%, verso la Germania del +16%. Bene anche verso il Regno Unito che si mostra in ripresa, al +17,5%, recuperando una parte del calo seguito alla Brexit.

Nell’extra Ue molto bene è andata verso gli Stati Uniti, con un +54,1%, e la Corea al +33%; positivi anche i mercati della Cina, al + 18% e del Giappone, al +19%, mentre è ovviamente crollato l’export verso la Russia, anche se solo del – 26%.
Capasa ha specificato che, a causa dell’elevata incertezza sull’andamento delle principali variabili geopolitiche e geoeconomiche, è difficile fare previsioni attendibili per l’anno 2023, rimandandole al primo trimestre del prossimo anno.