Qualcuno forse ancora ricorderà quella conferenza stampa di undici anni fa (era il 4 novembre) al termine del G20 di Cannes chiamato a decidere le misure straordinarie per uscire dalla crisi finanziaria esplosa nel 2008 e che rischiava di travolgere tutto e tutti. Berlusconi si presentò ai giornalisti (con un perplesso Tremonti) sostenendo la tesi che il Italia la crisi non era poi così grave visto che ‘i ristoranti sono pieni’. Tornato, per interposta persona, al Governo, il Senatore potrebbe oggi riprendere quel concetto andando oltre il prezzo del gas e dell’energia, oltre le bollette e gli aumenti dei prodotti agroalimentari e sostenendo che la crisi “non c’è perché il comparto moda continua a crescere”.

In effetti, nel dopo pandemia e ancor oggi durante la guerra in Ucraina, tutto il vasto oceano che compone il settore moda continua ad essere il più ricco e vivace. Nel primo semestre 2022 le 78 multinazionali con ricavi superiori al miliardo di euro hanno segnato un incremento del giro d’affari del +15%. Un balzo sostenuto dal mercato europeo, cresciuto del +24%, e da quello americano (+19%), mentre l’Asia (+3%) è stata penalizzata dalle politiche ‘Zero-Covid’ della Cina. I dati sono quelli diffusi dall’Area studi di Mediobanca nel suo report che sottolineano la forte accelerazione dei player del settore anche nei primi nove mesi dell’anno, con la media del fatturato in crescita del +18%. Molto meglio insomma di tutti gli altri comparti manifatturieri.

È da dire che la moda, da anni, gode in una formidabile solidità finanziaria e che ha avuto la possibilità di innalzare i propri listini in media del +6% per il 2022, ammortizzando l’impatto degli aumenti dei costi delle materie prime, della mano d’opera e della logistica. La ‘torta’ in ballo è impressionante: nel 2021 i big del settore hanno generato complessivamente un fatturato di 497 miliardi di euro, in aumento del +26% sul 2020 con i player europei che hanno registrato il 57% del giro d’affari mondiale. Tra i 35 gruppi del Vecchio Continente, l’Italia è il Paese più rappresentato con 9 colossi, ma è la Francia ad aggiudicarsi il primato per ricavi con una quota del 40% del totale, seguiti a distanza dalla Germania (12%) dal Regno Unito (11%) e dall’Italia che teoricamente fa segnare un 6%, ma che in pratica partecipa con i propri marchi al successo dei colossi francesi.

Sì, perché il lavoro italiano, quel ‘saper fare’ che nasce dall’artigianato e da quella creatività che tutti ci riconoscono, sono tratti distintivi importanti all’interno del mondo del fashion che sembra essere l’isola felice nel gran mare della crisi. Che comunque c’è e che morde quotidianamente le famiglie. Anche se un pizzico di stile nessuno è capace di negarselo….