Sta rallentando la crescita dell’export wine & food Made in Italy che nel primo trimestre 2016 è aumentato ma solamente del +1,7%, inferiore alle attese ed al trend dei trimestri precedenti. Una brutta notizia, anche perché fin qui il comparto alimentare era sempre stato trainante rispetto al resto dell’economia nazionale. L’obiettivo dei 50 miliardi l’anno di export, annunciato dal Governo con grande enfasi durante l’Expo, a questo punto si allontana e non sarà raggiungibile prima del 2024.
La filiera agroindustriale italiana conta 2 milioni di imprese, 3,8 milioni di addetti, 130 miliardi di euro di valore aggiunto e non meno di 47 miliardi di euro di export. Certo il quadro internazionale non è oggi favorevole con i negoziati per gli accordi di libero scambio, come quello col Canada denominato Ceta o il Ttip con gli Usa, che non arrivano a conclusione; con il commercio internazionale che sta rallentando; con la Brexit e la generale contrazione dei consumi in Europa. Senza contare, poi, le problematiche strutturali che connotano il nostro sistema agroindustriale, e che in parte spiegano perché la propensione all’export delle aziende alimentari tedesche è pari al 33% contro il 23% delle nostre.

Buona reputazione dei prodotti, ma anche strategie globali
«Se vogliamo arrivare al traguardo dei 50 miliardi di export agroalimentare – dichiara Andrea Goldstein, managing director di Nomisma – dobbiamo affrettare il passo, investendo maggiormente su mercati a più alto tasso di crescita economica come quelli asiatici. Dobbiamo aumentare la nostra presenza nei mercati extra-europei, dove oggi il nostro export alimentare pesa per meno della metà di quello francese o addirittura di un ottavo di quello statunitense. Possiamo farcela se riusciamo a combinare la buona reputazione che i nostri prodotti vantano in giro per il mondo con strutture aziendali che promuovano la crescita accelerata».
Una indagine condotta da “Agrifood Monitor”, struttura creata da Nomisma e Crif, il primo gruppo nell’Europa continentale nel settore delle credit information, ha messo in luce come al Made in Italy venga riconosciuta un’elevata qualità, derivante da unicità di gusti e tradizione produttiva, tutti fattori che fanno preferire i prodotti italiani non solo a quelli francesi ma a quelli di tutti i concorrenti. Ma ci sono ancora ampi margini per migliorare l’offerta italiana all’estero, Si tratta di organizzare per la concorrenza globale, una rete di imprese che hanno spesso una dimensione media troppo piccola e che non riescono a mettere in atto valide strategie di approccio ai mercati esteri. Nel complesso panorama della competizione mondiale un vantaggio competitivo può essere rappresentato da una visione d’insieme del settore e dei trend in atto: la creazione di “Agrifood Monitor”, proponendo una piattaforma dinamica di analisi di dati raccolti da diverse fonti, può oggi rappresentare una leva di grande rilevanza per l’export agroalimentare.