Da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al 2013, le esportazioni italiane di olio di oliva negli Stati Uniti sono crollate del 13 per cento. E siccome viene spedita negli Usa quasi una bottiglia di olio su tre confezionate in Italia per l’esportazione, il crollo del mercato statunitense ha fatto diminuire le esportazioni mondiali di olio di oliva confezionato in Italia di ben il 9 per cento.
L’Italia – precisa la Coldiretti – è il secondo produttore mondiale di olio di oliva dopo la Spagna con circa 250 milioni di piante su 1,2 milioni di ettari di terreno ma è anche il principale importatore mondiale. Il fatturato del settore è stimato in 2 miliardi di euro con un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative.
Una tra le principali cause di questa caduta nelle esportazioni oltreoceano è nelle truffe che colpiscono i produttori onesti del settore. Truffe denunciate ripetutamente dalla stampa americana, recentemente anche attraverso la serie di vignette di Nicholas Blechman pubblicata sul New York Times dal titolo “Il suicidio dell’extravergine – l’adulterazione dell’olio di oliva italiano”, ispirata dal blogger Tom Mueller autore del libro “Extraverginità”.

Crollo USA per l’olio: attivare la legge ‘salvaolio’
Occorre pertanto correre ai ripari con un impegno concreto per garantire l’autenticità e la trasparenza della produzione italiana di olio di oliva dando piena operatività alla cosiddetta legge salva olio approvata nel febbraio 2013 sotto il pressing della Coldiretti.
Ancora oggi la legge non risulta pienamente applicata per l’inerzia della pubblica amministrazione e per l’azione delle lobby industriali a livello nazionale e comunitario dove sono state espresse osservazioni. Secondo Coldiretti, c’è ora la possibilità in Parlamento, nella discussione in corso sulla legge comunitaria, di approvare uno specifico emendamento diretto a rispondere alle osservazioni dell’Unione Europea e a rendere operativa la norma. L’Italia ha dunque l’occasione – conclude la Coldiretti – di ricostruire una credibilità internazionale e di salvaguardare il mercato di una primaria realtà economica, occupazionale e ambientale contro il rischio di quello che il New York Times ha chiamato il suicidio del Made in Italy.