Le regole UE sul commercio, per la prima volta a livello mondiale, imporranno ai partner commerciali extra-europei di conformarsi agli standard sociali e ambientali internazionali per evitare di subire misure anti dumping.
Questo il fine delle nuove norme che sono state approvate dal Parlamento europeo in via definitiva: norme più stringenti per contrastare le importazioni da paesi terzi oggetto di dumping e sovvenzioni e che rafforzano gli strumenti di difesa dell’Unione contro le importazione che provengano da Paesi che fino ad oggi hanno potuto contare su di un costo del lavoro artificiosamente abbassato attraverso il mancato rispetto dei diritti del lavoro e dei lavoratori. Non verrà richiesto alle imprese europee nessun adempimento formale per dimostrare quanto invece è richiesto ai Paesi extraeuropei. Anzi, la Commissione europea monitorerà la situazione nei Paesi esportatori e le imprese dell’UE potranno basarsi sulle relazioni della Commissione per presentare reclami.

Un sistema mondiale fondato sull’equità e la tutela del lavoro senza aiuti di Stato

«Sono orgoglioso del risultato raggiunto – ha detto il Presidente della commissione per il commercio internazionale, Bernd Lange (S&D, DE) – Abbiamo garantito che, per la prima volta, la legislazione mondiale in materia di difesa commerciale terrà conto del rispetto delle norme su lavoro e ambiente». I posti di lavoro e le imprese dell’UE hanno grandi difficoltà a competere con le importazioni a basso prezzo dei paesi terzi con capacità di produzione in eccesso e economie sovvenzionate, soprattutto nei settori dell’acciaio, dell’alluminio, delle biciclette, del cemento, dei prodotti chimici, della ceramica, del vetro, della carta e dei pannelli solari.
Il relatore del provvedimento è stato l’italiano Salvatore Cicu (PPE, IT): «oggi non stiamo solo discutendo se la Cina sia un’economia di mercato o un’economia non di mercato, ma se il nostro sistema europeo possa e debba creare regole uguali per tutti e se queste regole possano offrire le stesse opportunità a tutti. La risposta è sì, perché abbiamo bisogno di una concorrenza equa e leale».