Presentato a Venezia il poco incoraggiante rapporto Ambrosetti su produzione mondiale e italiana

A fronte di forte crescita del mercato globale della moda, solo una parte residuale di questo enorme business guarda all’economia circolare: è questa l’amara constatazione che emerge dallo studio “Just Fashion Transistion”, realizzato da “The European House – Ambrosetti” e presentato nel corso del “Venice Sustainable Fashion Forum” di fine ottobre.
Lo studio, coordinato da Carlo Cici, Partner e Head of Sustainability di The European House – Ambrosetti, scandaglia opportunità e sfide del settore della moda sostenibile attraverso l’analisi e la valutazione delle prestazioni economico-finanziarie di 2.700 aziende inserite nelle catene di fornitura del fashion, di cui 167 italiane, e analizza le politiche di sostenibilità delle 100 maggiori imprese di moda UE.
Gli attuali trend prevedono una crescita del settore del +6% annuo globale: gli ultimi tre decenni hanno visto una velocizzazione dei tempi di produzione che si è ridotta dai 9 mesi degli anni ‘90 ai tre giorni del 2020. Nonostante il miglioramento delle performance produttive, solo il 3,5% del mercato globale è interessato da pratiche di economia circolare: “che la moda sia un settore poco sostenibile – si legge nel report finale – è intuibile ma non possiamo avere dati certi, visto che abbiamo solo stime di informazioni essenziali come il contributo alle emissioni climalteranti (tra il 2 e l’8,1%) o lo spreco idrico (dai 79 ai 215 miliardi di metri cubi). Anche sul fronte sociale non abbiamo dati certi, ma sappiamo che a livello globale lavorano all’interno della filiera tra i 60 e i 75 milioni di persone, la maggior parte delle quali proviene da Paesi in via di Sviluppo dove è più frequente ci siano fenomeni di sfruttamento, lavoro minorile o condizioni pericolose per la sicurezza e la salute”.

Il focus italiano della ricerca ha analizzato più di 2.000 aziende e il primo dato a emergere è la prevalenza di piccole imprese: più della metà ha fatturati di meno di 5 milioni all’anno e solo il 3% supera i 50 milioni di euro. La valutazione ha indagato quanto il settore della moda in Italia sia sostenibile a partire dall’analisi di 167 aziende di filiera.
Le conclusioni dello studio sono che più aumentano le dimensioni dell’azienda, maggiori sono le attenzioni alla sostenibilità con strumenti come monitoraggio delle performance, introduzione di figure dedicate, certificazioni di processi e prodotti, analisi dei materiali, misurazione dell’impronta ecologica, rendicontazione e valutazione dei diritti umani lungo le catene di fornitura.