Le scritte in etichetta possono essere ingannevoli: lo sostengono i consumatori europei del BEUC

L’organizzazione europea che, dal 1962, riunisce 46 associazioni ed enti indipendenti per la tutela del consumatore, il BEUC ha recentemente pubblicato un rapporto che analizza le etichette che si trovano comunemente in dieci diversi Paesi passando i prodotti sotto la lente d’ingrandimento del loro reale impatto sull’ambiente.
Risulta evidente che sugli scaffali dei supermercati ci sono più credenziali verdi che reali tagli alle emissioni. Si riscontra infatti una proliferazione di etichette “prodotto CO2 neutrale” che in molti casi non ha corrispondenza nella reale impronta di carbonio dell’alimento. Inoltre altre etichette legate all’impatto climatico sono talmente vaghe da risultare ingannevoli.
Nella maggior parte dei casi queste informazioni date ai consumatori si basano sul cosiddetto ‘carbon offsetting’, cioè la compensazione delle emissioni di carbonio prodotte oggi attivando in futuro delle azioni di disinquinamento.Questo approccio “brucia ora, paga dopo” – sottolinea il rapporto – non affronta la durata di vita del carbonio emesso, che può rimanere per centinaia di anni, mentre gli schemi di compensazione del carbonio, che spesso si basano su progetti forestali, non hanno alcuna garanzia di permanenza.
C’è poi il problema dello sfasamento temporale: le emissioni derivate dalla produzione dell’alimento entrano in atmosfera adesso, mentre i progetti di ‘carbon offsetting’ le rimuoveranno solo nell’arco di alcuni decenni.

Le etichette ingannevoli sul clima mettono poi i consumatori di fronte a una falsa scelta ecologica. Comprando un prodotto perché “buono per il clima”, gli acquirenti contribuiscono invece all’aumento delle emissioni.
E rallentano altri cambiamenti che sarebbero invece indispensabili per raggiungere gli obiettivi climatici, come ad esempio i cambiamenti nella dieta individuale preferendo diete più a base di vegetali invece di carne e latticini.