Pur senza dover parlare di speculazione, la filiera distributiva sta gonfiando i propri guadagni

Non sono certamente i coltivatori quelli che si stanno arricchendo alle spalle dei consumatori in questi primi mesi del 2020 segnati così pesantemente dalla pandemia Covid-19. Anzi!
Lo dimostrano i dati diffusi da Cia Agricoltori di Padova: ai produttori oggi un chilo di carne suina viene pagato da 1,70 euro a 1,10 euro, cioè il -36% rispetto ad inizio anno. Altrettanto il crollo dei prezzo un chilo di carne di coniglio è stato del -28% e del -21% per un litro di latte. Un ribasso del valore riconosciuto alle tipicità nostrane che sta costringendo le aziende agricole a lavorare in perdita in quanto agli agricoltori rimane solamente il 20% del prezzo pagato dai consumatori all’acquisto.
Al tempo stesso, Cia Padova denuncia che per il consumatore finale il prezzo ha subito un incremento a tutto vantaggio delle intermediazioni della catena commerciale. I beni alimentari hanno subito, nel complesso, un rincaro del +2,8%, come viene evidenziato nell’ultima “Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana” redatta dall’Istat. Secondo l’Osservatorio “The World after lockdown” di Nomisma, peraltro, durante la quarantena le vendite di verdure hanno registrato un +13,4%, quelle della frutta un +20,4%. Su tutti, arance, kiwi e mele, ricche di vitamina C.

Maurizio Antonini
direttore
Cia Padova

I numeri ufficiali forniti dall’Istat e dalle associazioni dei consumatori dimostrano che i prezzi finali sono schizzati in alto, apparentemente senza una logica. Nell’immaginario collettivo sta passando un messaggio sbagliato, ovvero che l’incremento dei prezzi finali comporta, a cascata, un maggior guadagno a beneficio degli agricoltori: non è così.
I margini si perdono lungo la filiera e agli imprenditori rimangono solamente le briciole. Anzi, gli agricoltori rischiano di andare in crisi anche a motivo di una nuova voce di costo fisso, ovvero le misure finalizzate a igienizzare gli ambienti chiusi, i trattori e i mezzi agricoli.
Oltre che l’acquisto di guanti e mascherine per i lavoratori dipendenti e gli stagionali. Secondo una ricerca interna, ogni azienda sarà tenuta ad investire, in media, 1.000 euro fino al termine della pandemia.