Una proposta di Pac da rivedere e correggere profondamente»: questo il lapidario giudizio espresso da Paolo Bruni, presidente del Cogeca, l’organizzazione europea che riunisce oltre 40mila cooperative dell’agroalimentare, intervenuto alla 110ª Fieragricola di Verona.
«Così com’è impostata – sostiene Bruni – la proposta di riforma va rivista in maniera decisa. Partiamo dal greening, che destina il 30 per cento delle risorse dei pagamenti diretti e porta ulteriore burocrazia. Come se il mondo agricolo non fosse già abbondantemente gravato da carte e pratiche. Poi c’è l’obbligo di mettere a riposo il 7 per cento della superficie agricola utilizzabile. Eppure, le previsioni della Fao indicano che nel 2045 il mondo avrà bisogno di cibo nella misura del 70 per cento in più rispetto a quanto se ne produce oggi».
Una Pac che guarda, in aggiunta, eccessivamente alla superficie agricole, a discapito delle produzioni di qualità. «In questo modo come si tutela l’alto valore aggiunto dell’agricoltura italiana?», si chiede Bruni. «Dobbiamo evitare – prosegue – che la demagogia prenda il sopravvento sul realismo».
Un altro aspetto che preoccupa molto seriamente Bruni è il taglio degli aiuti comunitari sopra il tetto dei 300mila euro: «Dobbiamo differenziare la posizione delle imprese agricole da quelle cooperative – ammonisce Bruni -. Il capping rischia infatti di penalizzare in maniera severa le sinergia stipulate fra più agricoltori, per essere competitivi sui mercati. Per questo proponiamo come Cogeca che come detrazioni sul capping si considerino non soltanto le unità lavorative, ma anche il numero di soci».