La Corte di Giustizia europea ha stabilito che gli Organismi geneticamente modificati devono rispettare i requisiti di valutazione del rischio e che dovranno essere rispettate anche la tracciabilità e l’etichettatura ai sensi della normativa Ue sugli Ogm. La Corte ha affermato che qualsiasi organismo ottenuto tramite l’uso di molecole di acido nucleico ricombinante o di un Ogm rientra nell’ambito di applicazione delle norme Ue e che questo vale anche per le nuove tecniche di ingegneria genetica.
Commentando favorevolmente la sentenza, Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, specifica che: «La Corte stabilisce che le piante derivate dall’editing genetico sono soggette agli stessi requisiti di sicurezza ed etichettatura degli altri Ogm. Questi requisiti esistono per prevenire possibili danni e informare i consumatori sul cibo che mangiano. Il rilascio di questi nuovi Ogm nell’ambiente senza adeguate misure di sicurezza sarebbe un gesto illegale e irresponsabile. Dato che l’editing genetico può portare a effetti collaterali indesiderati. La Commissione europea e i Paesi membri devono ora garantire che tutti i nuovi OGM siano adeguatamente testati ed etichettati. E che qualsiasi sperimentazione in ambiente venga sottoposta alle norme sugli Ogm».

Attualmente c’è una sola pianta ‘gene editing’ coltivata in Nord America

La sentenza della Corte europea, spiega Greenpeace, conferma gli avvertimenti di diversi scienziati secondo i quali le tecniche di ‘gene editing’ possono causare danni involontari al Dna, con conseguenze che non sono prevedibili.
L’organizzazione “ribadisce l’importanza che la Commissione europea garantisca che l’unica pianta sviluppata tramite il ‘gene editing’ attualmente coltivata in Nord America non possa essere importata o coltivata in Ue. A meno che non sia conforme ai requisiti europei sugli Ogm. La Commissione Ue deve, inoltre, garantire che la legge sugli Ogm sia applicata a qualsiasi pianta Ogm attualmente in fase di studio o sperimentazione in campo”.