Anche nel vino c’è qualcosa di animale, in quanto in talune fasi di vinificazione può esserci l’aggiunta di caseina o di albumina. Era quindi necessaria una certificazione che garantisse a chi si dichiara ‘vegano’ che l’intero processo era avvenuto senza alcuna contaminazione animale. Ecco allora arrivare VeganOK, un disciplinare ‘etico’ per dare la sicurezza al consumatore che una associazione vegana abbia controllato ogni fase della produzione.
«È un passo importante per i vegani – sostiene Luca Martini, miglior sommelier al mondo 2013 – ma lo è anche per il mondo enologico perché così si viene a creare una nuova nicchia di mercato. È come quando si fa il vino kosher, che viene controllato da un rabbino. Ai fini del gusto non cambia niente, ai fini dell’etica e del mercato cambia tutto. La certificazione vegana deriva da un’esigenza. È una cosa positiva, perché finalmente il consumatore non viene preso in giro e viene tutelato». C’è però un aspetto paradossale. Sappiamo tutti che per il vino biologico ci sono delle regole scritte in un disciplinare riconosciuto dalla comunità europea, che consente l’uso di sostanze di derivazione animale per la fase di chiarificazione. Per il vino ‘vegano’ invece si ricorre all’uso della bentonite blu, cioè un prodotto chimico. Con il risultato che il vino ‘vegano’ potrebbe non essere biologico.