«La nuova misura adottata dalla Commissione UE per aumentare la sicurezza dei prodotti non alimentari che introduce l’obbligo dell’indicazione di origine sia per i Paesi Ue sia per tutti gli altri, è una grande notizia. Ed in parte, è il risultato della grande pressione fatta sul tema dal Tavolo Regionale di Coordinamento della Moda (costituito, unico in Italia, da Confindustria, Confartigianato, Cna e Confesercenti)». Ne è convinto che ricorda come il Tavolo regionale di Concertazione Sistema Moda del Veneto rappresenti 23 mila imprese: 5mila industriali, 7 mila artigiane – pari al 20% del manifatturiero – e quasi 11mila del commercio.
Il Sistema Moda Italiano è indiscutibilmente uno dei comparti economici di maggior peso ed importanza del nostro Paese, produce un valore aggiunto di 27,4 miliardi di euro che si traduce nell’11% del valore aggiunto dell’intero manifatturiero italiano. La bilancia commerciale del sistema moda è positivo per 16 miliardi di euro, per un export che vale il 12% del totale dei ricavi internazionali italiani. Il sistema moda impiega 620 mila addetti, all’interno delle imprese artigiane ed industriali (che valgono il 37% del totale europeo), ed oltre 450 mila nel commercio.
Il Tavolo Regionale di Coordinamento della Moda, nel novembre 2011, aveva avuto a Bruxelles un incontro con il Commissario Europeo Antonio Tajani sul tema del disequilibrio tra norme che regolano import e export comunitario e sulla difesa del consumatore.
“Made in”: un passo a avanti in Europa verso il 2015
Proprio ricordando quell’incontro in sede europea, il Presidente Regionale Veneto del sistema moda di Confartigianato, Gianluca Fascina, sottolinea che «la proposta che allora abbiamo avanzato tutti assieme a Tajani, riguardava proprio la necessità di una regolamentazione comunitaria che imponesse l’obbligo del “Made in” sui prodotti di importazione extra UE, in una logica di reciprocità e di comprensione dell’importanza che l’origine dei prodotti ha per il consumatore che li acquista, rispettosa delle norme internazionali ed accompagnata da strategie consapevoli dell’importanza dell’intera filiera della moda. Sentire ora il Commissario Tajani dichiarare: “Se vogliamo avere la piena tracciabilità, occorre capire dove il prodotto è stato fabbricato”, è una grandissima soddisfazione e la dimostrazione che la nostra filiera, tutta assieme, può raggiungere ancora risultati eccellenti».
I prodotti fabbricati in un paese Ue dovranno riportare l’indicazione, a scelta, di “Made in Ue” o “Made in”, con il nome del paese specifico, per esempio “Made in Italy”, mentre quelli provenienti fuori dall’Ue dovranno indicare il nome del paese, per esempio “Made in China”. Il nuovo pacchetto, composto da due regolamenti e un piano di 20 azioni, prevede anche una maggiore cooperazione tra le autorità nazionali, e un allineamento delle norme di sicurezza che ridurrà anche i costi per le imprese. L’intenzione è che le nuove norme possano entrare in vigore a partire dal 2015, ma devono prima ricevere l’ok di Parlamento e Consiglio Ue.