«È necessario che l’Oms smetta di sostenere posizioni ideologiche e nella maggior parte dei casi prive di evidenze scientifiche e che finiscono con il tutelare interessi di pochi»: sono durissime le parole pronunciate da Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare, intervenendo a Ginevra nel general meeting del Global Coordination Mechanism on the Prevention and Control of Noncommunicable Diseases (GCM/NCD), una piattaforma di coordinamento creata dall’Oms nel 2014.
«Non servono bollini o etichettature che mettano in guardia su specifici cibi – ha proseguito Scordamaglia – ma è necessario educare il consumatore alla consapevolezza alimentare, promuovendo iniziative di sensibilizzazione e comunicazione, non certo avvisi macabri e ingannevoli. Le eccellenze agroalimentari del Made in Italy, come il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma o l’Olio di oliva, sono ancora una volta sotto l’attacco di iniziative scellerate che prediligono sistemi di etichettatura ingannevoli e nocivi per il consumatore e per tutto il comparto alimentare italiano».

Bisogna educare il consumatore ad una dieta che sia complessivamente equilibrata e sana

Il riferimento è all’iniziativa presentata da Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia: sette paesi appartenenti alla Foreign Policy and Global Health che esortano “gli Stati Membri ad adottare politiche fiscali e regolatorie” in materia di etichettatura. Si tratta di un progetto di risoluzione che sarà discusso entro l’anno all’Assemblea Generale Onu a New York al fine di predisporre apposite etichette nutrizionali e una riformulazione delle ricette.
«Etichettando come insalubri alimenti che contengono al loro interno anche grassi e sali – commenta Scordamaglia – si corre il rischio di ingannare il consumatore. Con questo genere di iniziative si rischia di distruggere intere filiere agroalimentari di milioni di agricoltori e PMI avvantaggiando solo poche multinazionali più interessate ad usare la chimica come ingredientistica di base per ridurre i costi di produzione e innalzare i propri margini a scapito del consumatore oggetto di una vera e propria campagna di disinformazione».