Per l’UNIC non c’è dubbio: la naturalità vince anche in sostenibilità rispetto ai nuovi materiali

Ogni anno, a livello globale, le concerie recuperano e valorizzano circa 8 milioni di tonnellate di pelli grezze provenienti dall’industria alimentare e senza l’industria conciaria e la sua attività di riutilizzo, questo materiale residuato diventerebbe semplicemente uno scarto e verrebbe conseguentemente eliminato nelle discariche o incenerito.
Il dato è rivendicato dall’Unione Nazionale Industria Conciaria, la più importante associazione mondiale degli industriali conciari, aderente a Confindustria, alla Confederazione Europea dei Conciatori (Cotance) e al Consiglio Internazionale dei Conciatori (ICT), e che rappresenta l’intera industria conciaria italiana con oltre 1.200 imprese e 17.698 addetti.
Unic sottolinea che: “il recupero e il riutilizzo di questo ‘scarto’ da parte delle concerie contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra e crea, al contempo, garantisce un prodotto prezioso e versatile. Una recente analisi, condotta dall’Istituto tedesco Filk, ha messo a confronto otto nuovi prodotti che si presentano come alternativi alla pelle naturale. La ricerca ha dimostrato come le performance tecniche di questi nuovi materiali abbiano poco in comune con quelle della pelle. La pelle è risultata di gran lunga superiore ai materiali alternativi presi in esame nella maggior parte dei parametri più significativi di prestazione funzionale”.

L’Unic lancia allora una domanda retorica: “Che senso ha sostituire la pelle, che è un materiale durevole, biodegradabile e circolare con soluzioni che sono in larga parte sintetiche? La presunta sostenibilità della maggior parte di questi nuovi materiali, infatti, sembra essere gravemente compromessa dalla necessità di usare grandi quantità di materiali sintetici, per esempio il poliuretano, nel tentativo di uguagliare i livelli prestazionali della vera pelle”.
Come tiene a sottolineare l’associazione industriale, nel mercato c’è spazio per scelte diversificate e l’industria conciaria non teme la competizione, a patto che non si denigri “un prodotto autentico, a fronte della promozione di materiali alternativi dalle discutibili prestazioni e pretese di sostenibilità”.