Sarebbe un errore di confezionamento o di etichettatura la causa della morte di una donna, Teresa Sunna, dopo che aveva assunto in un centro diagnostico di Barletta una polverina bianca sciolta in acqua, in tutto simile al sorbitolo. A quanto appurato dagli inquirenti invece quella sostanza era nitrito di sodio, che assunto in dosi massicce è letale. Altre due donne che avevano assunto meno sostanza sono rimaste avvelenate, ma si sono salvate.

Secondo il tossicologo che ha analizzato la polverina bianca, la sostanza ingerita conteneva, oltre al 70 per cento di nitrito di sodio e nemmeno una traccia di sorbitolo. Inoltre, secondo quanto ha dichiarato oggi agli inquirenti in procura a Trani Domenico Meldolesi, amministratore delegato della Cargill, l’azienda alimentare di Castelmassa (Rovigo) che produce il sorbitolo, in azienda non vengono prodotti nitriti. Esclusa quindi la possibilità di una contaminazione, si ipotizza che l’errore fatale sia avvenuto dopo la fase di produzione in uno dei passaggi di vendita che porta sino all’azienda irlandese Mistral che, via internet, ha distribuito il prodotto al laboratorio di Barletta e ad altri 20 acquirenti non italiani. Si continua ad indagare quindi per individuare in quale fase della filiera di vendita il sorbitolo (che viene venduto in sacchi da almeno 25 chilogrammi dalla Cargill) sia stato suddiviso in confezioni più piccole (quella usata nello studio medico è da cinque chilogrammi) dando poi luogo all’errore di etichettatura.

Il ministro della salute, Renato Balduzzi, ha ribadito che «la vendita di farmaci on line è vietata e le farmacie autorizzate possono vendere solo integratori: tra questi rientra anche il sorbitolo. In Italia abbiamo la percentuale di contraffazioni più bassa d’Europa, ma occorre intensificare i controlli e informare i cittadini sui rischi».