Poco per bisogno e molto per moda, i cibi “light” o “senza” sono un vero affare per l’industria agroalimentare: secondo Federconsumatori sugli scaffali dei supermercati le confezioni di alimenti così classificati costano in media il 47% in più rispetto a tutti gli altri. Ora, secondo le stime del Ministero della salute, nel nostro Paese circa 1.800.000 persone sono affette da reali problemi alimentari. Un numero di consumatori che non basterebbe a giustificare il notevole incremento delle vendite dei cibi light, integrali, senza lattosio, senza olio di palma o arricchiti con fibre e Omega 3.
Altra cosa è il vero e proprio boom del biologico, anche questo comunque salato per il portafoglio degli acquirenti. Lo studio dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, che ha realizzato la Prima Indagine sui prezzi degli alimenti light, biologici, senza lattosio e senza lievito, fa emergere che: “i prodotti con determinate caratteristiche vengono venduti a prezzi decisamente più alti rispetto a quelli ordinari, con differenze in termini percentuali che arrivano ad un massimo del +82%”.

La grande industria ha colto immediatamente il business: “senza lievito” ed il prezzo sale del +141%

Si può, per esempio, andare da un rincaro del +53% dei wusterl light, quelli che per fregiarsi dell’etichetta della leggerezza devono presentare un valore energetico ridotto di almeno il 30% rispetto al normale. Per le patatine, ci si limita al +25%. Nel mondo dei “senza lattosio”, che ha a che fare anche con la problematica delle intollranze, il latte costa il +39%. Ancora più sensibile la differenza quando l’attenzione si trasferisce sui prodotti biologici con il caso limite della passata di pomodoro, che costa più del doppio: il +116%. “Le difformità più eclatanti si registrano comunque per gli alimenti senza lievito, in particolare nel caso dei prodotti da forno: le brioches confezionate e i biscotti raggiungono rispettivamente il +141% e il +135%, mentre le merendine si attestano sul +77%”.