La citizen science descrive il coinvolgimento attivo del pubblico non esperto al fine di generare nuova conoscenza scientifica

L’appuntamento del “Lunedì” di marzo della Rete di Riserve del Fiume Brenta ha visto a Tenna (Trento) una serata estremamente interessante, oltre che partecipata, a tema “citizen science” con un occhio di riguardo al mondo degli insetti impollinatori. Relatori due esperti del MUSE-Museo delle scienze di Trento: la naturalista Chiara Fedrigotti e l’entomologo Nicola Orempuller (nella foto).

Chiara Fedrigotti, che cos’è la “citizen science” e quando nasce?
La “citizen science”, o se vogliamo la “scienza dei cittadini” – anche se la traduzione rende meno – descrive in estrema sintesi il coinvolgimento attivo del pubblico non esperto nelle attività di ricerca al fine di generare nuova conoscenza scientifica. I ricercatori, gli scienziati fanno un grandissimo lavoro, ma in molti casi la possibilità di poter contare su un supporto esterno può aiutarci a raccogliere un maggior numero di dati, velocizzando i tempi della scoperta e migliorando anche la consapevolezza dei cittadini rispetto a determinati temi. E anche se un tempo non la chiamavano così, la storia della scienza è disseminata di esperienze simili: nel 1715, ad esempio, l’astronomo inglese Edmund Halley (quello della cometa…) lanciò un appello tramite un volantino invitando i curiosi a segnare l’orario preciso di inizio e di fine di un’eclisse solare prevista per il 22 aprile di quell’anno comunicandogli poi i dati registrati. Un secolo dopo, con l’obiettivo di studiare la Corrente del Golfo, il National Geodetic Survey rilasciò in mare migliaia di messaggi in bottiglia, chiedendo ai cittadini di restituire lo stesso messaggio al mittente indicando luogo e giorno del ritrovamento. Per quanto riguarda la “citizen science” moderna, invece, il termine compare curiosamente per la prima volta alla fine degli anni Settanta in un articolo dedicato agli avvistamenti di UFO. Pochi anni dopo, lo stesso termine viene ripreso per descrivere un’attività svolta da 225 volontari americani, coinvolti nella raccolta di campioni di pioggia per lo studio del fenomeno delle piogge acide. Negli ultimi anni poi Internet ha moltiplicato le opportunità con l’avvio di numerosissimi progetti, in svariati settori, che si basano su App tramite le quali ognuno può caricare i dati raccolti. 
“Zooniverse” (www.zooniverse.org) è il sito anglo-americano dove trovano spazio molti di questi progetti di ricerca, sia su tematiche scientifiche nel senso stretto che umanistiche. Altri esempi sono “Naturkalender” (naturkalender.at), una App che permette di registrare il comportamento di piante e animali nel corso dell’anno, oppure “GLOBE Observer” (observer.globe.gov) che invita a fare osservazioni sulla copertura nuvolosa, sugli habitat delle zanzare, su alberi, erba ed edifici che ci circondano. Italiana è la App “Perdita della notte” legata alla visibilità delle stelle e all’inquinamento luminoso. Ma potremmo elencarne tantissime altre…

Cosa porta con sé la “citizen science”?
Premesso che la “scienza dei cittadini” può prevedere il coinvolgimento della gente a vari livelli, da un livello-base ad un’attività molto intensa, in ogni caso porta con sé vantaggi di quattro tipi: naturalmente scientifici, perché permette agli studiosi di avere molti dati a disposizione, ma anche sociali perché i cittadini operano spesso assieme, educativi perché fa conoscere aspetti diversi del nostro mondo e infine politici…rispetto a quest’ultimo punto emblematico è il caso dei progetti di citizen science dedicati al monitoraggio dei rifiuti in plastica lungo le coste che ha permesso di valutare l’impatto delle direttive europee riguardanti la regolamentazione delle plastiche mono-uso (borse, cotton fioc, bottigliette, ecc.)

Nicola Orempuller è entomologo del MUSE particolarmente interessato agli insetti impollinatori. Alcune attività di “citizen science” riguardano questo ambito, vero?
Certo. Il mondo degli insetti impollinatori è ancora molto poco conosciuto e l’aiuto che può dare il cittadino è grandissimo. Al termine “impollinatore” associamo l’ape… E sbagliamo. O perlomeno non siamo completi, anche perché spesso pensiamo all’ape da miele, che è solo una delle circa 500 specie di api che abbiamo in Trentino; 1.050 sono le specie in Italia e circa 2.000 in Europa. Ma, oltre alle api, fra gli impollinatori ci sono altri imenotteri (un ordine che comprende circa 120.000 specie!) come le vespe e le formiche, ma anche ditteri come le mosche, coleotteri come le coccinelle e lepidotteri come le farfalle. Tutti insetti fondamentali per l‘impollinazione e quindi anche per la vita dell’uomo perché senza impollinazione non avremmo la maggior parte della frutta e della verdura. Un mondo quindi estremamente variegato e sorprendente. Parlando solo delle api troviamo forme, dimensioni, colori, abitudini molto varie fra le specie, che si differenziano per la vita sociale o solitaria, per il tipo di nidificazione (l’80% delle specie nidifica nel terreno), per la lunghezza della “lingua”, per le scelte dei fiori, per le modalità di trasporto del polline. In Italia ad esempio andiamo da quelle che raggiungono appena i tre millimetri di lunghezza alle stupende api legnaiole che arrivano fino a tre centimetri; ci sono quelle con gli occhi azzurri o verdi o zebrati.

E come stanno le api oggi?
Per quanto riguarda l’Italia possiamo stimare che un 40% delle specie di api siano a rischio mentre per un 10% non abbiamo informazioni sufficienti e qui torna ad essere importante l’aiuto dei cittadini. Il declino della presenza di insetti – la cosiddetta entomofauna – è ormai dato per assodato e il problema è particolarmente forte per gli impollinatori che si stanno riducendo in maniera preoccupante a causa della perdita e dello sfruttamento del suolo, del cambiamento climatico, dell’uso di pesticidi e anche a causa dell’arrivo di specie aliene.Ma allora cosa possiamo fare?Dobbiamo agire in diverse direzioni: è sicuramente utile predisporre i cosiddetti “hotel degli insetti”, le casette dove api e simili possono fare il nido, ma sarebbe anche opportuno non far diventare i nostri giardini troppo “giardini”, lasciando invece delle zone dove l’erba cresca spontaneamente, magari anche con dei pezzi di legno e delle zone con terra nuda, perché qui gli insetti possono trovare rifugio e siti di nidificazione. Ho accennato all’importanza degli “hotel” per gli insetti, ma sono fondamentali anche i “ristoranti”, quindi piantare o far crescere spontaneamente piante nettarifere. E poi naturalmente ridurre l’uso di pesticidi.

In tutto questo come può essere utile la scienza dei cittadini nel mondo degli insetti?
Come detto le specie di insetti impollinatori sono moltissime e, rimanendo solo alle api, del 10% delle specie non si hanno dati. Quindi l’aiuto del cittadino nel fornire informazioni sulla presenza di questi importantissimi e utilissimi animali è fondamentale. Gli impollinatori sono oggetto di numerose iniziative “di citizen science”, la più famosa delle quali è forse “X-Pollination” (crosspollination.it), un progetto italiano che vede il MUSE-Museo delle scienze quale partner e che, tra l’altro, mira a raccogliere quanti più dati possibile su distribuzione e abbondanza di questi preziosi animali. Alcuni altri esempi sono “Life4pollinators” (life4pollinators.eu) è un altro progetto finanziato dall’UE che punta alla creazione di un circolo virtuoso che porti a cambiamenti progressivi nelle pratiche antropiche che rappresentano le principali minacce per gli impollinatori. “Beewatching” (beewatching.it) insegna a riconoscere e fotografare le api dando la possibilità a chiunque di collaborare a creare una grande mappa delle api italiane. Ricordo poi “BUG’s hotel ITA” (bugshotelita.it), una rete di appassionati al mondo naturale, accomunati dalla voglia di installare, gestire e manutenere gli hotel per insetti. Per il Trentino, o meglio per la città di Trento, il nuovo progetto del MUSE “Act4bees” che partirà a breve è finalizzato allo studio della biodiversità degli insetti impollinatori (api, in particolare), degli habitat idonei alla loro sopravvivenza e della qualità ambientale attraverso l’analisi dei pollini raccolti da Apis mellifera. Ma per raggiungere il risultato è necessario l’aiuto dei cittadini. E, proprio per avvicinare le persone al mondo degli insetti, in particolare quelli impollinatori, la Rete di Riserve del fiume Brenta ha fatto seguire alla serata del “Lunedì della Rete” una coinvolgente mattinata nei prati della riserva di Alberé di Tenna dove grandi e piccoli hanno potuto avvicinarsi a questo mondo, superando anche certe paure, e sperimentare in prima persona le tecniche di raccolta dati che da inviare poi al mondo scientifico tramite le specifiche App.

Giancarlo Orsingher, vicepresidente Argav

(Fonte: Il Cinque)

24 aprile 2025