I commercianti cercano di difendersi dallo strapotere delle vendite web ma bisogna essere chiari

Il caso che ha destato maggior scalpore è stato quello di Mirandola, in Emilia Romagna, ma a quanto pare altre segnalazioni erano già arrivate sia dalla Toscana, sia da Trento. Un negoziante ha chiesto ad una cliente di pagare 10 euro per aver provato le scarpe, “non avendo proceduto ad alcun acquisto”.
Federconsumatori che ha segnalato il caso, nel sottolineare che non si tratterebbe di una pratica isolata, specifica che nessun cartello all’ingresso indicava che provare le scarpe avrebbe avuto un costo.
Il commerciante in questione si difende invece spiegando che la sua richiesta è legata agli abusi di “chi prova le scarpe per poi acquistarle su qualche sito di e-commerce”. Ed per chiarezza nei giorni seguenti ha esposto un cartello all’ingresso: “10 euro per la prova delle calzature”.
Gli ultimi dati Istat sui consumi in Italia dicono di una contrazione degli acquisti nelle strutture di vendita e di un sensibile aumento di quelli online. Per altro i colossi statunitensi, in particolare per le scarpe, stanno testando i sistemi per ‘profilare’ gli acquirenti così da garantire loro il giusto prodotto.

Federconsumatori

È necessario che una regola così discutibile, come quella di far pagare la prova di abiti o calzature, sia indicata con grande evidenza all’ingresso del locale commerciale, e non al proprio interno.
Questo per consentire al cliente di scegliere se entrare o meno. Inoltre deve essere specificato che la regola sarà applicata a tutti i non acquirenti, e non in modo arbitrario.