Perché un fatto di costume diventi ‘moda’ sono indispensabili due elementi: un nome in inglese ed arrivare direttamente dagli Stati Uniti. Così hanno ottenuto un grande successo a Milano gli “swap party”, occasioni nel corso delle quali gruppi di donne dai 20 ai 55 anni si scambiano abiti e accessori in ottimo stato senza sborsare neanche un centesimo. Si paga solo l’aperitivo, però bisogna chiamarlo “happy hour”.
Tutto il sistema nasce dalla creazione di un gruppo che abbia voglia di condividere questo modo per riciclare abiti usati e rifarsi l’armadio a costo zero. A Milano di gruppi se ne sono già formati più d’uno: uno dei primi, nato nel 2014, era sostanzialmente formato da quattro o cinque amiche ed oggi mette in piedi serate con una sessantina di persone, tutte travolte dalla passione per abiti, borse, scarpe e dalla parola magica ‘gratis’.

Fenomeno tutto al femminile, travolge ogni categoria sociale e ogni età

Naturalmente poi questa ‘moda’ ha un alleato insostituibile nel web: più di un gruppo nasce sulla base di una mailing list agganciata ad un sito o anche solo ad una pagina facebook. Basta lanciare il messaggio in rete e la risposta delle appassionate dello scambio è sempre numerosa. Tanto che i gruppi più consolidati stanno già facendo selezione tra le proprie adepte e accettando solo capi in perfette condizioni, di alta classe.
Con il risultato che anche ai “swap party” ora ci sono le differenze: “cheap” (non si può dire economico, altrimenti non fa moda) se il prodotto non è di marca ed è di cotone; “medium” (non è la parola latina, anche questa arriva da New York) se ha una qualità maggiore; “expensive” se è un tessuto di pregio o se è di marca. Per ogni categoria, a chi ha portato i propri articoli da scambiare viene rilasciato un tagliando corrispondente e lo scambio avviene con un altro prodotto della stessa fascia.