Si chiama “Electroloom” ed è il progetto di un team di tre ingegneri di San Francisco, Marcus Foley, Aaron Rowley e Joseph White: utilizzando lo stesso meccanismo delle stampanti 3D e grazie ad un processo di elettrofilatura che trasforma delle soluzioni di liquidi (attualmente solo poliestere e misto cotone) in un tessuto che non ha bisogno di cuciture, il prototipo produce un capo di vestiario ‘su misura’ di chi l’ha programmato. Il team di ingegneri ha chiamato questo processo ‘Field Guided Fabrication’, notando durante il processo di realizzazione dei tessuti che un campo elettrico sviluppato all’interno della camera della stampante, ‘guidava’ le fibre su ogni stampo utilizzato, da quello per la t-shirt al tank top.

Il tessuto finale viene stampato in 3D ed è composto da una serie di nanofibre. Per questo il team di San Francisco è convinto che sia flessibile e quindi ideale per essere drappeggiato, plissettato e rielaborato in modo molto simile ai tessuti tradizionali. L’idea di base del progetto è di riuscire a creare una serie di capi che non hanno più bisogno di essere tagliati e cuciti: mouse e cursore prenderebbero il posto di forbici e filo. In sperimentazione da più di un anno, i tre ingegneri hanno lanciato una campagna di crowdfunding su Kickstarter, il sito web dedicato alla raccolta fondi per progetti creativi, per vendere alcuni prototipi e developer kit in modo da permettere agli utenti di sperimentarla e avere dei feedback per migliorare il progetto.

Sfida all’alta moda: vestiti senza cuciture grazie alla stampa 3D

«Io una macchina del genere – dice Guillermo Mariotto, direttore creativo della maison Gattinoni – la  comprerei subito. Adoro questi ‘giocattoli’, ma si tratta di un’idea da relegare al pret-à-porter, non ha senso il ‘su misura’ fatto così. Il massimo sarebbe sperimentare le stampanti per abiti 3D online, perché faciliterebbero tutto il processo. Ma non per l’alta moda: è difficile che possano sostituire il ‘fatto a mano’. Da Gattinoni stiamo mettendo a punto un programma che permette di prendere le misure delle clienti e realizzare poi l’abito in 3D e stiamo sperimentando uno pseudo ‘su misura’ da elaborare tramite uno scanner».

«Le stampanti di abiti in 3D – sottolinea Renato Balestra – non possono essere un’alternativa all’alta moda, sono più adatte al pret-à-porter. L’alta moda è fatta di piccoli dettagli che vengono cambiati continuamente, forse potrebbero essere utilizzate in futuro per creare una parte dell’abbigliamento o dei tessuti speciali. Ma nell’alta moda si crea tutto nei minimi dettagli, ci sono vari procedimenti che vanno messi a punto prima che uno stilista sia soddisfatto del risultato finale. La tecnologia non è tiranna nei confronti della moda, perché la creatività non ha limiti e la creazione deve essere libera. Certo, influisce nelle nostre collezioni perché la moda è sempre condizionata dal momento storico in cui vive e ora viviamo in un mondo fatto di tecnologia. Qualche volta può essere utile per creare nuovi tessuti e nuove tecniche di produzione, è senz’altro un aiuto all’alta moda, ma non vogliamo diventare schiavi della tecnologia».