La finanza ha scoperto la fattibilità dei nuovi progetti per una moda rispettosa dell’ambiente .

Uno studio condotto da Decalia, società che fornisce un servizio di consulenza nella gestione di portafogli di investimento sia ad una clientela privata che istituzionale, in un editoriale intitolato “Fashion Victims” esamina tutti gli elementi che fanno della moda uno dei comparti maggiormente inquinanti. La diffusione dello shopping online ha alimentato la preferenza per acquisti frequenti di capi poco costosi nel tentativo di rimanere al passo con le ultime tendenze della moda.
Un comportamento che causa danni ambientali enormi: materiali sintetici, che perdono milioni di microfibre durante i lavaggi, contaminando i flussi d’acqua al pari di 50 miliardi di bottiglie di plastica. Senza contare l’8% di emissioni di gas serra e i 92 milioni di tonnellate di rifiuti che l’industria dell’abbigliamento e delle calzature genera ogni anno a livello globale.
Si stanno però sviluppando modelli di business alternativi: nel tessile, ad esempio, l’azienda italiana Aquafil, quotata a Piazza Affari, ha sviluppato un filato di nylon rigenerato, derivante dalle reti da pesca non più utilizzate, scarti di tessuto e tappeti destinati allo smaltimento. Un progetto che ha raccolto l’attenzione di grandi nomi della moda, tra cui Burberry, Napapijri e Prada. Quest’ultima, grazie alla colaborazione con Aquafil, ha portato sul mercato una collezione di borse Re-Nylon, con una percentuale dei ricavi dalle vendite dedicata ai progetti di sensibilizazione alla sostenibilità, e ha annunciato la volontà di usare solo questo filato di nylon entro il 2021.

Nel mondo della calzature, Adidas (sul listino di Francoforte) ha avviato il progetto FutureCraft.Loop, in cui le materie prime vengono reimpiegate, non solo per essere trasformate in prodotti di base, ma anche per produrre un’altra scarpa da corsa dalle alte prestazioni. Alcune grandi marche stanno promuovendo anche la riparazione dei capi come parte di un modello circolare. Ne è un esempio il programma di Patagonia Worn Wear che si è letteralmente messo in viaggio nel 2015 con un camion in giro per gli Stati Uniti, ma adesso anche in Europa, Giappone e Sud America, per riparare capi di abbigliamento di ogni marca gratuitamente.