Scelte autarchiche del Governo e concorrenza locale mettono fuori mercato i brand internazionali

Brutte notizie dalla Cina per il mercato internazionale del fashion. Gli impedimenti legati alla drastica politica sanitaria innescata dalla pandemia, sembrano essere solo un paravento rispetto ad una politica del Governo cinese che rende, in generale, sempre più difficili le sfide in quell’immenso Paese per i marchi internazionali.
Un segnale forte viene da Everlane: dopo marchi importanti quali Asos, New Look, Topshop e il colosso Inditex, anche il brand con sede a San Francisco abbandona il mercato cinese. Dopo aver abbandonato a settembre la piattaforma b2c del gruppo Alibaba, in un Paese che concepisce la sostenibilità con linguaggi e strumenti diversi.lo store Everlane su Tmall, arrivato a circa 530mila follower, ha mantenuto il proprio servizio clienti attivo solo fino a domenica 10 ottobre, per poi chiudere i battenti.
Secondo alcuni analisti, l’enfasi che il marchio californiano ha sempre posto sulle pratiche sostenibili e sulla trasparenza nella sua catena di approvvigionamento non si è dimostrata abbastanza attraente per i consumatori cinesi e non è stata di successo in un Paese che concepisce la sostenibilità con linguaggi e strumenti diversi.

Ma c’è un fattore più generale che preoccupa complessivamente il mondo del fashion internazionale. Certamente, infatti, sulla decisione di Everlane ha influito in modo determinante la nuova politica economica governativa di riequilibrio interno delle disparità economiche e la spinta in direzione di un mercato ‘autarchico’ per i consumi interni.
Due fattori che innescano nuovi ostacoli sull’orizzonte sia del lusso sia dei brand di massa messi all’angolo da concorrenti locali che spesso vendono online su piattaforme come Taobao e che sono capaci di ingenti produzioni ad un costo così basso che nemmeno i giganti del fast fashion possono sostenere.