Sybil Goldfiner, imprenditrice israeliana, insieme a Carole Godin, fonda nel 1988 a Tel Aviv il suo primo concept store, ”Comme il faut”, oggi divenuto un brand noto anche per le sue campagne a favore delle donne. L’ultima in ordine di tempo è quella a sostegno delle donne del Muro (Nashot Hakotel), associazione che da 25 anni si batte affinché le donne possano pregare come gli uomini al Muro occidentale di Gerusalemme, indossando il tallit (scialle da preghiera) e i tefillin (scatolette di cuoio legate con le cinghie che contengono versetti sacri) e recitando la Torah a alta voce.
Uno scandalo per gli ultraortodossi haredim: «una battaglia femminista – replica Sybil Goldfiner – e un motivo per intervenire». Pochi giorni fa Comme il faut ha presentato la nuova collezione inverno, ispirata al giudaismo: «le stiliste hanno reinventato gli abiti indossati dai religiosi della corrente dell’ebraismo chassidim. Redingote, giacche lunghe e cappotti reinterpretati in chiave prettamente femminile». E una parte del ricavato derivante dalla vendita di questi capi sarà devoluto all’associazione delle donne del Muro.
Con l’imprenditrice israeliana lavorano una sessantina di donne e i punti vendita in tutto il Paese sono dieci, mentre decine sono i progetti da lei avviati. Dalla campagna ”Women crossing borders”, contro la costruzione del muro di separazione tra israeliani e palestinesi, a ”Shalom Banot (in ebraico) – Salam Banat (in arabo)”, lanciato nel 2004 su idea di un’italiana, Manuela Dviri, dove donne israeliane e palestinesi cucivano e ricamavano insieme camicie.