Istanbul è la nuova capitale del pret-a-porter: la Turchia infatti è diventata il secondo fornitore di abbigliamento europeo e produce vestiti per le principali maison italiane e francesi. La Istanbul Fashion Week, che si è chiusa il 16 marzo, ha mostrato un volto diverso del Paese: da dispensatori di ‘manodopera’ per i grandi marchi occidentali, gli imprenditori locali tentano ora di far conoscere all’estero i propri stilisti e le proprie case di moda, per fare del ‘made in Turkey’ un’espressione di eccellenza e qualità.
«La Turchia è il vero vincitore internazionale nella competizione nel settore tessile e dell’abbigliamento – spiega Michele Tronconi, presidente di Sistema Moda Italia, una delle più grandi organizzazioni mondiali di rappresentanza degli industriali del tessile e moda – I distretti tessili sono ben organizzati e dotati di tecnologie all’avanguardia, grazie all’imprinting tedesco e all’acquisto in passato di impianti dalla Germania e dall’Italia. Ora la Turchia ha sviluppato un meccanotessile autoctono che consente alle aziende locali di avere un gran numero di commesse.
E così, nonostante la crisi, nel 2012 le esportazioni di abbigliamento hanno raggiunto 15,7 miliardi di dollari, con un trend positivo nei primi mesi di quest’anno.

La moda turca cresce: ancora in ritardo l’import
Oltre che esportare, Istanbul, con i suoi immensi centri commerciali, come il Mall Cevahir e l’Istinye Park, il più grande d’Europa, importa i maggiori brand internazionali. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Economia di Ankara, le importazioni di abbigliamento nel 2012 sono state pari a 2,5 miliardi di dollari, un dato considerato dagli imprenditori italiani ancora troppo basso rispetto alle potenzialità economiche del Paese.
«L’interscambio per il momento va prevalentemente solo in una direzione – spiega Tronconi – mentre sarebbe importante un doppio senso di marcia tra import ed export per fare in modo che la Turchia diventi per le imprese italiane la porta di accesso al mercato mediorientale”.
Il segreto del successo turco nel settore tessile e dell’abbigliamento, secondo l’imprenditore, è soprattutto nella politica di sviluppo economico portata avanti dal governo di Ankara. «In Turchia c’è senza dubbio un contesto politico favorevole all’industria, i costi per le aziende sono sotto controllo politico – continua Tronconi – e c’è anche un cambio della valuta a noi favorevole. E inoltre la Turchia ha barriere tariffarie che evitano l’interruzione della filiera produttiva, dalla filatura al capo confezionato, impedendo l’arrivo di tessuti ‘low cost’ dalla Cina o dal Pakistan».

La moda turca cresce: emergano anche stilisti locali
A mediare tra le grandi case di moda e le aziende tessili turche sono alcune agenzie specializzate nel settore, come la Jasmin Agency Istanbul (JAI), sul mercato da oltre 15 anni, e che ha tra i suoi clienti importanti maison italiane e francesi. «Le case di moda ci inviano bozzetti e specifiche tecniche dei vestiti da realizzare e JAI trova l’azienda tessile più adatta che indica tempi e prezzi per la produzione – spiega la managing director di JAI, Yesim Gulsel – Noi forniamo direttamente gli abiti ‘ready-to-wear’ (pret-a-porter). Talvolta riceviamo i bozzetti originali da sviluppare. Con l’Italia, in particolare, vi è una stretta relazione di import-export, perché compriamo molti dei tessuti più pregiati, come cashmere e lana merino, dalle aziende italiane e qui ci occupiamo della manifattura».
L’esordio della Turchia nel settore della moda è abbastanza recente: «Noi ci siamo avvicinati alla moda quando la Turchia si è occidentalizzata – continua Gulsel – Oggi, oltre ai tappeti famosi in tutto il mondo e all’occhio blu (il ‘nazar’, celebre amuleto turco; ndr), nell’abbigliamento abbiamo designer già noti a livello internazionale. Credo ci sia bisogno da un lato di una maggiore importazione di marchi stranieri, dall’altro di un potenziamento del nostro export, per far conoscere lo stile e la moda turca».