Qui, dice Marenzi (Confindustria Moda), il tema sostenibilità è da sempre all’ordine del giorno .

L’industria del tessile-moda-accessorio (Tma), per quanto sia difficile da definire nei suoi contorni precisi, è il secondo settore manifatturiero italiano dopo la meccanica e risulta molto spesso più apprezzata dagli operatori stranieri di quelli nostrani per la sua capacità di adattarsi rapidamente alle esigenze dei committenti. Esattamente quello che serve al servizio di un comparto come quello della moda che per sua natura deve essere ogni giorno diverso.
Indiscutibile è anche il valore economico-industriale del comparto Tma: secondo i dati di Confindustria Moda, che riunisce Assopellettieri, Federorafi, Assocalzaturifici, Unic (concia), Aip (pellicceria), Sistema moda Italia (Smi) e Anfao (occhialeria), nel 2018 il tessile-moda-accessorio è cresciuto del +0,7% arrivando a toccare quota 95,5 miliardi. L’export complessivo raggiunge il 70% della produzione per un valore di 63,4 miliardi che ha segnato un aumento del +2,7% sul 2017. Le aziende impegnate sono quasi 66mila per un totale di dipendenti che supera certamente le 580mila persone. Dati positivi anche per l’export del primo trimestre del 2019 con un aumento del +5,6% e 16,6 miliardi di produzione volata oltre confine.
È in quest’ambito che viene oggi ad inserirsi il “Fashion Pact”, l’impegno internazionale sollecitato all’ultimo G7 in terra di Francia per promuovere una politica di sostenibilità in un comparto fino a ieri particolarmente inquinante.

Claudio Marenzi
presidente
Confindustria Moda

Il “Fashion Pact” è un accordo che sentivamo nell’aria e che ci conforta, come filiera italiana, perché i principi, nell’agire quotidiano, le nostre aziende li seguono da molti anni.
La sostenibilità ambientale, accanto a quella sociale, altrettanto importante per l’impatto che abbiamo localmente e globalmente sulle persone, è un tema prioritario per tutte le aziende del tessile-moda-accessorio (Tma) ed è anche per questa strategia che i dati sono stati positivi persino in un anno come il 2018.
Le nostre filiere, dal tessile alla concia, passando per gli occhiali e le calzature, sono da anni tracciabili e trasparenti. Se la produzione globale può e vuole diventare ancora più attenta all’ambiente, perché così chiedono anche i consumatori e i lavoratori, l’Italia è il posto migliore per farlo.