L’industria italiana del Tessile, Moda e Accessorio nel 2018 avrà un “rallentamento” rispetto al 2017: questa la stima fatta da Cirillo Marcolin, vice presidente di Confindustria Moda, in occasione dell’inaugurazione a Milano della nuova sede dell’associazione nata appena l’anno scorso ed operativa da gennaio.
In particolare, per Marcolin i fattori che influenzeranno negativamente il comparto sono “le tensioni internazionali, l’incremento della valuta cinese, il calo del rublo, l’incremento del prezzo del greggio” e, per quanto riguarda la situazione interna, “lo stallo della politica italiana”. «Il 2018 ha molti punti interrogativi, soprattutto dopo un 2017 così buono – ha aggiunto Claudio Marenzi, presidente di Confindustria Modac’è molta cautela perché ci sono diversi problemia cominciare dalla questione dei dazi minacciati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump».

I dati dell’anno scorso sono tutti molto positivi, ma gli scenari internazionali non sono sereni

I dati del 2017 dicono di 94,1 miliardi di fatturato, 581mila addetti e 66.700 aziende. L’industria della moda e dei suoi accessori si conferma come una delle principali risorse del Made in Italy anche perché la crescita del +3,2% proviene il larga parte dalle esportazioni (+5,2% a 61,8 miliardi) che rappresentano oltre due terzi del totale.
Il saldo tra esportazioni e importazioni è nettamente positivo, con un surplus commerciale che nel 2017 lievita a quota 27,7 miliardi, due in più rispetto all’esercizio 2016. I principali Paesi di sbocco in Europa sono Francia (+5,7% a 6,5 miliardi), Germania (+3,7% a 5,1 miliardi), Inghilterra (+4,1% a 3,5 miliardi) e Spagna (+5% a 2,9 miliardi). Da segnalare poi il balzo della Svizzera (+17,2% 5,7 miliardi), diventata per molte merceologie una piattaforma logistica per l’export in altri Paesi.
Crescono ma solo leggermente gli Usa (+0,8% a 5,4 miliardi) e il Far East (+3,2% a 3,8 miliardi), resta forte la Cina (+14,1% a 2,2 miliardi) e risulta in buona rimonta la Corea del Sud (+8,5% a 1,4 miliardi). In recupero anche la Russia (+12,4% a 1,7 miliardi), mentre cala il Giappone (-2,9% a 1,7 miliardi).