Renato Borghi è stato confermato per altri cinque anni a capo di Federazione Moda Italia, l’associazione dei fashion retailer aderente a Confcommercio. La nomina è avvenuta per acclamazione nel corso dell’assemblea nazionale tenuta a Bologna.
Abbiamo un futuro – ha affermato Borghi nella sua relazione – A testimoniarlo è da un lato la crisi dei department store e dall’altro la riscoperta del negozio vicinale, che offre molte marche per ognuno e non una marca per tutti. La nostra è una distribuzione democratica». I temi cruciali della relazione sono stati la formazione specialistica da attuare attraverso una Fashion Digital Academy, l’innovazione e la costituzione di reti d’impresa. Su quest’ultimo punto, Borghi si è soffermato facendo emergere un elemento di contrasto tra commercianti e produttori: «Dobbiamo metterci assieme, costruendo reti di impresa e consorzi di acquisto, perché da soli siamo troppo deboli. I produttori se ne fregano, fanno gli outlet, delocalizzano il 90% della produzione e questa è la vera truffa del Made in Italy».

Lotta alla contraffazione e alla delocalizzazione produttiva che rende ‘falso’ il Made in Italy

I dati presentati da Federazione Moda Italia evidenziano nel primo semestre un nuovo calo del numero di imprese commerciali fashion nel territorio nazionale: sono 1.575 le attività dismesse, pari a una riduzione percentuale del -1,3% su di un totale di 122.597 ditte. Dal 2012 a oggi sono oltre 18 mila le aziende che hanno dovuto chiudere i battenti.
Intanto però, secondo l’osservatorio acquisti di CartaSi, il trend dei consumi nel mondo fashion calcolato sulla base dei pagamenti con carta di credito è in ripresa su cinque dei primi nove mesi dell’anno. Infine Borghi ha rivendicato il successo ottenuto a livello politico con l’approvazione del decreto legislativo del 10 novembre che imputa a produttori e importatori la responsabilità del falso dichiarato in etichetta, esentando i commercianti.