In 300 fotografie originali, il modo di vestire degli italiani nell’arco di un secolo: questa la narrazione proposta dalla mostra allestita negli spazi del Museo Nazionale di Villa Pisani a Stra (Venezia) dall’8 aprile all’1 novembre con il titolo ‘Gli Italiani e la moda. 1860-1960’. Promossa dalla Direzione del Polo Museale del Veneto e realizzata da Munus, l’esposizione è curata da Alberto Manodori Sagredo che ha scelto di affiancare alle immagini dell’alta moda l’illustrazione di quello che poi indossava la gente comune, uomini, donne e bambini che affollavano strade e piazze, uffici e giardini pubblici.
Dalla redingote (abito maschile elegante) alla giacca, dai corsetti alle linee morbide dei tailleur femminili, dal cilindro alla bombetta, il percorso espositivo sarà un viaggio nel tempo per ritrovare il volto antico, e poi sempre più moderno, che si insinua nelle singole storie famigliari, personali e sociali, a testimoniare dei modi, non solo estetici ma morali e civili, con cui il vivere quotidiano affrontò ben due guerre mondiali e una dittatura fino al sorgere della Repubblica.

Il racconto della moda che negli anni è diventata costume sociale

Si inizierà con le fotografie dell”800: signori in cilindro e signorine chiuse in abiti dallo stretto corsetto; per gli uomini capelli e baffi alla Vittorio Emanuele II e donne riproducono le acconciature ricercate della Principessa Sissi.
Con il ‘900, tutto muta, e mentre gli abiti maschili riscoprono i colori tenui per le stagioni più calde, le donne scelgono vestiti meno invadenti, che arrivano a svelare le caviglie. E anche i capelli si fanno più corti. Così si arriva alle mode degli anni del Ventennio, dove modelli di apparente proto femminismo della buona società si confrontano con la praticità degli abiti maschili. È con gli anni del secondo dopoguerra che l’abbigliamento maschile e femminile dividono le loro strade. E se gli uomini ancora non abbandonano, nell’impresa della ricostruzione, giacca e cravatta, le donne indossano abiti sempre più pratici e accorciati, individuando nel tailleur il modello e segno della crescente richiesta del riconoscimento di una completa pari dignità con l’altro sesso.