Sappiamo che il fashion inquina, ma anche i più avveduti sull’abbigliamento ‘chiudono un occhio’

Alla COP25 di Madrid, la grande assise mondiale (con qualche importante defezione) sulla salute del pianeta, hanno fatto i ‘conti in tasca’ anche alla moda e l’esito non poteva che essere quello scontato: l’industria dell’abbigliamento è uno dei settori che inquina di più. Secondo un ultimo rapporto Onu è responsabile per il 20% dei rifiuti mondiali e per il 10% delle emissioni tossiche globali.
Tra il 2000 e il 2015 la produzione di abbigliamento è più che raddoppiata arrivando a oltre 100 miliardi di tonnellate di capi prodotti. La maggior parte di questa produzione si concentra in Paesi ancora poco sensibili alle tematiche ambientali. Di per sé, la moda si impegna per ridurre la propria impronta sull’ambiente e l’anno scorso alcuni giganti del pret-à-porter hanno firmato la “Fashion Industry Charter for Climate Action”, nella quale si danno l’obiettivo di a ridurre del 30% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030.
Ed alla COP25 di Madrid, rivenditori e gruppi industriali hanno illustrato le conclusioni della Carta firmata in Polonia l’anno scorso e che prevede tra l’altro di arrivare a emissioni zero nel 2050. Resta spaventosamente aperto il grande mercato dell’usa e getta di largo consumo con i giovani che, per quanto attenti all’ambiente, sono grandi consumatori di abbigliamento sempre nuovo.

Fee Gilfeather
esperta
Oxfam*

Dalla moda, in realtà, vengono prodotte più emissioni tossiche di quanto non facciano gli aerei e le spedizioni internazionali messe tutti insieme. Si tratta di una quantità incredibile. È un problema in termini di quantità di acqua utilizzata. Solo per fare un esempio, ci vogliono 13 anni per bere l’acqua che serve per fare un paio di jeans e una maglietta. Ma non è tutto, non si tratta solo della produzione dell’abbigliamento, ma anche il suo packaging e la spedizione dai posti di produzione ai luoghi dove vengono venduti.

*Oxfam è una confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo