Dagli Stati Uniti e, soprattutto, dalla Cina cresce la domanda delle migliori bottiglie italiane

Secondo un’analisi fatta dall’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), calano notevolmente le giacenze di vino al 30 aprile, con gli stock in cantina che nonostante una vendemmia più ricca (+3,2%) si avvicinano sempre più alle quantità dello stesso periodo 2020, a +1,5% (lo scorso mese erano a +3,6%). I vini Dop addirittura scendono al -0,6% (bianchi a -1,8%).
Sul fronte dell’export, secondo i dati delle dogane, con le prime riaperture si attenua la perdita a valore dei mesi precedenti negli Usa: da -22% di gennaio, a -15% di febbraio, a -9,7% di marzo. Un calo dovuto soprattutto alla corsa alle scorte di inizio 2020, in vista del carosello di dazi aggiuntivi. Ripartono anche negli Usa gli spumanti italiani al +11%.
Bene la performance nel trimestre in Cina, anche grazie al vuoto lasciato dai vini provenienti dall’Australia, sui quali le autorità cinesi hanno imposto dei super-dazi. Ne hanno approfittato la Francia, con un’impennata del +47,7% e l’Italia che sfiora un incremento del +17%.
In generale quindi c’è ottimismo per il futuro di medio periodo: l’unica preoccupazione è incentrata sulle rese dei vini comuni. A questo proposito, Uiv chiede al Governo che si ponga un tetto alla produzione in questa fascia per poter evitare fenomeni incontrollati di sovrapproduzione che potrebbero riflettersi negativamente sui prezzi dei vini.

Paolo Castelletti
segretario generale
Uiv

Le dinamiche di mercato sembrano andare nella direzione prevista e auspicata: ciò non toglie che le aziende del vino italiano, per risollevarsi dai 3 miliardi di euro persi nel 2020 e da circa 500 milioni di euro di crediti incagliati, debbano essere accompagnate in questa prima fase da strumenti fiscali e finanziari adeguati che attendiamo nell’imminente Dl Sostegni bis.
L’evoluzione del mercato andrà di pari passo con le aperture e il settore oggi ha bisogno di promozione e liquidità, non di distruggere il proprio prodotto.