Dietro le ragioni politiche le tariffe imposte dal Governo cinese hanno un chiaro fine economico

L’Australia ha comunicato la sua intenzione di presentare un reclamo all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) a causa delle tariffe, che sono arrivati fino al 218%, imposte dalla Cina sui suoi prodotti vinicoli: i dazi, imposti alla fine del 2020, potrebbero rimanere in vigore per cinque anni.
La decisione di ricorrere al WTO, spiega il Governo australiano, è giunta dopo una consultazione con i produttori di vino, che hanno nella Cina il principale mercato per le esportazioni. Complessivamente, due terzi dell’interscambio commerciale dell’Australia si svolgono con l’Asia, e la Cina è destinataria, da sola, del 30% dell’export australiano che, lo scorso aprile, hanno fatto registrare un valore aggiunto di 591 milioni di dollari australiani, facendo segnare un incoraggiante +4%.
Ma la tensione tra i due Stati si è fatta rovente quando l’Australia ha effettuato una indagine sull’origine del Covid-19 sottendendo ad una responsabilità cinese. La replica di Pechino non si è fatta attendere: tariffe fino all’80% su una serie di prodotti strategici tra cui carbone, orzo, carne, aragoste e, appunto, del 218% su vino.
Per il ferro ed il carbone, l’aumento internazionale dei prezzi non ha comunque favorito i cinesi; ma per il vino la situazione è assai diversa ed ha anche specifiche motivazioni economiche.

La Cina era di gran lunga il maggior acquirente di vino australiano al mondo, grazie anche ad un accordo di libero scambio (ChAFTA) firmato nel 2015 che esentava i vini australiani da tariffe di importazione. Inoltre le esportazioni australiane di vino sono parzialmente sovvenzionate dal Governo, attraverso un sistema di aiuti all’agricoltura.
Ma ora la Cina si sta attrezzando per una sua produzione enologica, nel tentativo di rendere autosufficiente il paese. Nel 2020 la produzione di vino cinese ha superato i 4 milioni di ettolitri, e l’industria di questo settore ha ormai raggiunto un livello considerevole sia nell’estensione delle aree vitate, sia nei processi produttivi.
La produzione australiana è un concorrette diretto quindi e certamente i dazi imposti rappresentano un problema non indifferente per l’Australia: la Trasury Wine Estates, la più grande azienda di vino del mondo, che detiene fra l’altro il marchio Penfolds, ha annunciato un calo dei profitti del -45%.