L’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibam-Cnr), in collaborazione con la cattedra di Metodologie, cultura materiale e produzioni artigianali nel mondo classico dell’Università di Catania, ha avviato il progetto “Archeologia del vino in Italia: un esperimento siciliano” con il quale ci si propone di sperimentare e tradurre in pratica le antiche tecniche romane di produzione del vino. Dal prelievo delle talee fino alla vendemmia, passando per lo scavo delle fosse e l’utilizzo di strumenti antichi ricostruiti, si seguiranno in maniera fedele le ‘istruzioni’ contenute nei testi romani dal I secolo a.C. al II d.C., in particolare il secondo libro delle ‘Georgiche’ di Virgilio e il ‘De Agricultura’ di Columella, per ricostruire nella Sicilia moderna un vigneto di 2000 anni fa.
Le conoscenze acquisite consentiranno una maggior comprensione e valorizzazione del vino siciliano come filiera produttiva e prodotto finito. «Grazie alle istruzioni di Columella è stato possibile ricostruire, ad esempio, la ‘cicogna’, strumento utilizzato dai proprietari terrieri per verificare che i lavori di scasso preparatorio per la piantumazione delle vigne fossero ben eseguiti dai contadini – spiega Mario Indelicato, esecutore del progetto – La fonte è stata chiara anche indicando nelle foglie di canna e di ginestra il materiale più opportuno per legare le viti novelle al tutore: conoscenze e pratiche oggi destinate a scomparire nelle campagne siciliane e italiane».
L’area piantumata giungerà, nell’arco di un quinquennio, a circa 5000 mq e la prima produzione utile per la vinificazione, dalle viti piantate la scorsa primavera, è prevista entro quattro anni: il primo raccolto ‘sperimentale’ dovrebbe aggirarsi sui 100 kg. di uva e 70 litri di vino.

Novità enologiche dal Sud: ‘nuovo’ vitigno in Basilicata
Frattanto arriva dalla Basilicata la notizia che il vitigno “Guarnaccino nero” di Chiaromonte ha ottenuto il riconoscimento dal ministero delle Politiche Agricole. L’iscrizione nel registro nazionale delle varietà di vite è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
La notizia è significativa in quanto sancisce ufficialmente il recupero di una antica produzione caratteristica della Basilicata: le prime informazioni dell’esistenza di un biotipo simile al “Guarnaccino nero” di Chiaromonte, infatti, risalgono al 1848. La “riscoperta” di questa varietà, che nei secoli è andata a migliorarsi per selezione, presenta enormi potenzialità per quest’area.
E grandi opportunità di crescita le offre anche il primo protocollo d’intesa delle Terre del Sannio che verrà firmato il 1 settembre al Castello Mediovale di Guardia Sanframondi, comune della provincia di Benevento. Il documento mette insieme la Valle del Vino del Sannio, con i suoi 11 territori e Città del Vino, con 800 aziende agricole e 12.000 ettari di vigneto, per la realizzazione di una zonazione vitivinicola e agroalimentare, di qualità tutelata e valorizzata da regole e principi chiari, con l’obiettivo di diventare un vero e proprio distretto agroalimentare.