Due clamorosi casi di contraffazione hanno hanno fatto scalpore nel quadro dell’enologia mondiale. E per una volta non è il vino italiano ad esserne protagonista, bensì quello francese, per la precisione quelli della Borgogna. Il primo caso arriva da New York dove i giudici hanno condannato un importante collezionista di vino indonesiano, Rudy Kurniawan, che è risultato essere ai vertici di uno sistema di contraffazione multimilionaria in cui si vendevano falsi vini bordolesi di gran pregio. Molte bottiglie contraffatte di Château Petrus e Romanée-Conti di annate particolari sono così finite sul mercato degli appassionati di grandi etichette, le cosiddette etichette-trofeo, scambiate in asta a decine di migliaia di dollari.
Il secondo caso, come riportato dall’International Herald Tribune, vede coinvolti quattro dirigenti di una delle più grandi cantine della Borgogna, la Labouré-Roi, che sono stati arrestati con l’accusa di aver falsificato le etichette di centinaia di migliaia di normali bottiglie, vini modesti e annate recenti. Ma il colpo all’immagine della regione francese è molto grave. La Labouré-Roi non è tra i nomi più prestigiosi della Borgogna: acquista l’uva da vari produttori indipendenti, produce sotto il proprio marchio e vende 10 milioni di bottiglie l’anno.
L’accusa è di aver fatto passare per vino di pregio almeno 500mila bottiglie di vino da tavola. Il consorzio della Borgogna, che rappresenta 4mila produttori della regione, ha annunciato di intervenire nell’eventuale causa come parte civile.